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Alla Ferrari inizia il dopo-Schumacher tra dubbi e certezze

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Il Gp d'Australia in realtà è già cominciato stanotte, con le prime prove, ma come sempre sarà soltanto la gara a dirci quali sono i veri rapporti di forza attuali. Per ora i test invernali ci hanno dipinto un quadro roseo, con la Ferrari più veloce e più affidabile delle macchine rivali, con un Massa brillante e concreto come nel finale del 2006 e con un Raikkonen un po' sottotraccia ma sempre molto consistente. Niente di inatteso, intendiamoci, perché quest'anno la nuova rossa è stata presentata con l'anticipo necessario a svilupparla e soprattutto perché il passaggio alla monogomma Bridgestone ha sicuramente avvantaggiato chi la usava pure prima (Maranello e Massa) rispetto a chi era abituato alle Michelin (McLaren, Renault e Raikkonen). Ma durerà? E, in caso positivo, quanto a lungo? La prudenza è d'obbligo e non soltanto per la forza degli avversari o magari per fare il verso al superstiziosissimo presidente Montezemolo. Il 2007 è infatti un anno-cardine nella storia della Ferrari. Rispetto ad appena dodici mesi fa, alla Gestione Sportiva è cambiato tutto. Non nella struttura, perché i nuovi responsabili di settore continuano più o meno a fare quel che facevano prima. Ma nella catena di comando, sì. Tutti i numeri 1 del più leggendario periodo della leggendaria storia ferrarista sono andati via. Via il supercapo tecnico Ross Brawn, via il capo progettista Rory Byrne, via il motorista capo Paolo Martinelli, via il capo meccanico Nigel Stepney, via Michael Schumacher, via - anche se fisicamente è ancora lì - lo stesso capo dei capi, Jean Todt. Al loro posto c'è adesso una generazione di quarantenni che abbinano alla freschezza dell'età l'esperienza accumulata in 10-15 stagioni trascorse lavorando alla scuola dei maestri ora lontani. Ma nessuno di questi giovani - sebbene definirli "in gamba" sarebbe persino riduttivo - è oggi come oggi in grado di dare carne al mito della Scuderia. Con Montezemolo sempre più spesso lontano da Maranello e con Todt impegnato a gestire in toto un'Azienda metalmeccanica che fattura 1,4 miliardi di euro l'anno, di fatto la Ferrari corse sembra mancare di un catalizzatore degli sforzi, di un faro, di qualcuno, insomma, che sia al tempo stesso l'anima e il volto del team e possieda il carisma necessario a indicare agli altri la strada da seguire. Aspettando l'Australia, il bicchiere della Ferrari, in parole povere, può essere visto come mezzo vuoto, perché non ci sono più i mostri sacri, o come mezzo pieno, perché in realtà, per rimanere competitiva ed evitare di appassire fra routine e riflessi condizionati, ogni organizzazione deve trovare in sé la forza per rinnovarsi periodicamente, e alla fin fine quel che conta veramente è il gruppo. Saranno i risultati a farci capire come stanno le cose. I risultati e Fernando Alonso, il fenomenale bi-campione del mondo che, con Schumi a far la calza a casa, è ufficialmente diventato la nuova unità di misura dell'intera F1.

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