L'osservatorio
Difficile individuare la Roma a tutti nota in quella squadra lunga, sfilacciata che, dopo avere imperversato per una decina di minuti, ha lasciato campo al contropiede ascolano, ha regalato in gol senza perfezionare un rinvio agevole, ha provato a ritrovare l'iniziativa ma era lenta, prevedibile, senza idee e senza velocità di esecuzione. Quando si stava profilando una sconfitta umiliante, Spalletti ha deciso che era ora di finirla con gli scherzi, dentro De Rossi e Mancini e l'Ascoli non è più uscito dall'area di rigore, Wilhelmsson ha siglato il pari sfruttando l'unica esitazione di un Eleftheropoulos fino a quel momento inappuntabile. Ma il problema di fondo, fin troppo noto, rimane: Spalletti può tentare qualche invenzione in caso di necessità, ma la sua Roma cambia fisionomia, perde posizioni nella scala dei valori, stenta anche a produrre quei momenti di spettacolo che sono una sua precisa prerogativa. Abbiamo visto qualcosa di inedito, Vucinic ad alternarsi a Totti come prima punta, senza mai incidere, così come Tavano, che avrebbe bisogno di ben diversi schemi per esaltare la sua progressione. Ancora peggio per il centrocampo improvvisato, perché se ti puoi permettere un ragazzino sulla fascia, un Rosi o un Virga, per intenderci, quando un quasi esordiente deve presidiare una zona nevralgica i guai sono dietro l'angolo, senza voler infierire su un giovane come Faty, promettente ma frenato dall'emozione dell'impatto con una realtà finora soltanto sfiorata. Restano, nella casella passiva del bilancio, assai più lunga e allarmante rispetto a quella attiva, altre considerazioni: la persistente tendenza, nel nuovo anno solare, nel prendere gol in trasferta, i troppi punti lasciati per strada contro squadre a dir poco addomesticabili. Mettiamola sulla risata: quell'Inter vittoriosa a Livorno dopo avere rimontato un gol, si sarebbe portata, senza quel pari nel finale di Willy, a diciassette punti di vantaggio, numero che le porta sfortuna come dimostra l'interruzione, di fronte all'Udinese, della striscia di vittorie. Cambia poco: chiuso era e chiuso rimane, il campionato, maggiore attenzione nell'immediato futuro alla difesa dell'approdo diretto alla Champions. Con la testa già a bordo dell'aereo per la Francia, la Roma ora va incontro all'appuntamento più atteso della stagione con il morale non altissimo, ma è chiaro che in altro contesto, e con la formazione al completo, alla Gerland dovremmo vedere tutt'altro atteggiamnento e soprattutto ben diverse interpretazioni individuali. Fermo restando che il turnover non è un lusso che la Roma possa consentirsi, e non è casuale che da quasi tre mesi, ormai, manchi quel successo fuori casa che invece aveva costituito la specialità della casa prima della sosta natalizia. Con cinque miseri punti nel trittico di avvicinamento all'Europa, a Lione sarà indispensabile un grande salto di qualità.