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Virtus perduta

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Per come è andata contro la Whirlpool Varese, 90-69 per i lombardi di Magnano, c'è da sperare di sì nel tentativo arduo di vedere il bicchiere se non mezzo pieno, almeno un po' riempito nel suo fondo. Era logicamente presumibile che dopo il grande sforzo di giovedì scorso contro Tel Aviv, con una squadra che si era mostrata assolutamente differente in atleticità, motivazioni e tecnica da quella scesa al PalaMasnago di Varese, la stanchezza potesse fare la sua parte. Ma avere una panchina corta, per un succedersi di scelte non addebitabili alla sfortuna, è una colpa. Colpa grave. Perché ormai da anni la Virtus ha scelto questa bizzarra politica, forse convinta che dopo quella specie di sei al superenalotto che portò nella capitale a giochi iniziati da un pezzo quel fenomeno del basket che rispondeva al nome di Anthony Parker la fortuna avrebbe proposto di nuovo la possibilità di arricchire in corsa il gruppo con un uomo capace di cambiare volto alla squadra. Ma da allora ad oggi così non è più stato, anzi quest'anno Roma si ritrova con un roster accorciato e senza pivot di ruolo. E così pensare di giocare su due fronti partite di grande valore ed intensità, a Varese la posta in palio era l'avvicinarsi alla zona buona per l'accesso alla Final Eight di Coppa Italia è semplicemente impensabile, considerando anche che il cammeo della squadra, sua maestà Dejan Bodiroga, comincia a fare i conti con la carta d'identità, finendo comunque quasi sempre per essere il migliore, come contro la Whirlpool (22 punti, 7/9 da 2, 2/3 da 3, 2/3 ai liberi). Al termine alcune cifre totali sono state lampanti ed impietose. Basti guardare la percentuale al tiro, 36/55 per Varese contro 28/48 per Roma, ma soprattutto il saldo tra recuperate e perse che ha premiato Varese con un saldo positivo + +9 (17/8) contro il -13 della Virtus (7/20). Così la partita per Roma è durata ben poco. Perché la Whirlpool, davanti a un Palazzetto praticamente esaurito, ha accelerato come è stata alzata la palla a due dal terzetto arbitrale. Che, è bene sottolinearlo, in una serata nella quale a Roma riuscivano difficili anche le giocate più elementari s'è sbizzarrito a mandare ancor di più fuori giri gli uomini di Repesa penalizzandoli con fischiate cervellotiche. Ma ridurre alla pochezza dei fischietti la serataccia significherebbe volersi nascondere dietro a un dito. La convalescenza della Virtus non è finita. Carter, Galanda ed Hafnar hanno fatto ciò che hanno voluto contro una squadra apparsa spenta e confusa. Sarà bene, quindi, voltare subito pagina chiedendo ai latitanti Chatman, Hawkins e Mavrokefalidis di rivestire, giovedì contro il Pana, panni da protagonisti. Non dimenticando che poi, domenica prossima, la sfida contro Teramo assumerà contorni definitivi per continuare a cullare speranze di accesso alla Coppa Italia.

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