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Fair Play

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Nel documento trovano infatti evidenza due temi che i lettori di Fair Play conoscono bene perché li ho periodicamente trattati fino alla noia da qualche anno a questa parte. Intendiamoci, non tutte le conclusioni mi trovano completamente d'accordo, in particolare mi fa orrore quel passaggio nel quale si condanna (giustamente) il cosiddetto mercato di riparazione ma si lascia aperta la porta, dimenticando che siamo in Italia, ad alcuni casi particolari meritevoli di un'eccezione. Ovviamente il punto più importante è quello che riguarda la ripartizione dei diritti televisivi. Stabilito che il 40 per cento (stima per difetto) delle entrate dei club è rappresentato da questa voce, è fin troppo evidente che è proprio questo il settore sul quale si deve intervenire per riequilibrare i valori tecnici che, nello sport professionistico, sono inevitabilmente legati a quelli economici. C'è una teoria, naturalmente sostenuta dai dirigenti dei club più ricchi ed in particolare da Adriano Galliani, secondo la quale le squadre di vertice devono essere messe in grado di competere alla parti nelle competizioni internazionali. In altre parole, poco importa se il nostro campionato va in malora, l'importante è che il Milan, l'Inter e la Juventus, quando ritornerà, possano vincere la Champion's League. Non è importante, al contrario di quanto afferma l'Antitrust, che la distribuzione dei diritti venga stabilita per legge, l'importante è che venga realizzata. Il problema è che a questo sacrosanto intervento si oppongono i club più ricchi che hanno mantenuto, malgrado il passaggio da Galliani a Matarrese della presidenza, il controllo gestionale della Lega. Sul conflitto da sempre esistente tra Federazione e Lega l'Antitrust sembra schierarsi dalla parte della Federazione ma non si deve dimenticare che un buon campionato, più equilibrato e più interessante degli ultimi che abbiano sofferto, è quasi più importante per la buona salute del nostro sport di una vittoria in un Campionato del Mondo. Mi vergogno un po', mentre lo scrivo, ma il contrasto tra i nostri stadi desolatamente vuoti e quelli gremiti che vediamo in Inghilterra, Germania e Francia mi toglie un po' della soddisfazione che ho provato quando la nostra nazionale ha battuto le rappresentative di quei paesi nel mondiale tedesco. Un punto importante del documento dell'Antitrust è quello che riguarda gli stadi. Tre anni fa, proprio in questa sede, ho applaudito il presidente della Lazio Lotito che aveva sostenuto la necessità che un club fosse anche proprietario dello stadio in cui gioca. Non so che fine abbiano fatto le sue intenzioni ed i suoi progetti e non escludo che il presidente della Lazio avesse in mente di sfruttare l'iniziativa per interessi personali, ma mi sento male ogni volta che sento il presidente del Coni, che pure è uomo di sport, affermare che Roma possiede già uno stadio e che non ne servono altri. E' inutile che io ripeta qui che il calcio all'Olimpico si vede malissimo e che non è giusto che gli appassionati romani siano privati della possibilità di gustare da vicino lo spettacolo calcistico. Sul penoso mercato di riparazione è inutile che io spenda altre parole. Purtroppo lo sostengono i giornali che vi trovano argomenti di grande interesse popolare ma di modesto contenuto sportivo in questo periodo senza campionato. Sulla sosta, pretesa dall'Associazione Calciatori, penso che si sia ormai capito che si tratta di un errore, soprattutto economico, ma qui temo che nessuno voglia fare un passo indietro.

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