Diritti tv collettivi, ok dell'Antitrust
È lo scopo dell'indagine conoscitiva che ha impegnato l'Antitrust per un anno. Lo studio è stato pubblicato ieri e se certe conclusioni erano prevedibili, come il «sì» alla vendita collettiva dei diritti televisivi, altre sono sorprendenti come l'auspicato capovolgimento del rapporto di forza tra Federcalcio (vicina l'intesa per il nuovo statuto) e Lega o come le forti limitazioni che l'Autorità vorrebbe introdurre sul «mercato di gennaio». Fossero già state recepite, ad esempio, il trasferimento di Tavano alla Roma al posto di Montella non sarebbe stato possibile. Il testo dell'indagine verrà consegnato a organi federali e ministeri. Ecco i punti qualificanti. ENTRATE SOCIETÀ La situazione finanziaria dei club professionisti è caratterizzata da un'incertezza dei ricavi, legati ai risultati, a fronte di notevoli perdite d'esercizio dovute alle retribuzioni dei calciatori (peraltro appena scese, per la prima volta dopo 5 anni, sotto il milione di euro a testa di media in serie A). Le società secondo l'Autorità sfruttano in modo «scarso» alcune fonti di ricavo come il merchandising e hanno «una forte dipendenza dai diritti audiovisivi, che rappresentano oltre il 40% dei ricavi delle società di Serie A, mentre il 12% arriva dagli sponsor». Parere positivo, invece e in controtendenza, per la quotazione in Borsa, «importante fonte di finanziamento necessaria al raggiungimento di un maggiore equilibrio competitivo nei campionati». DIRITTI TV Rilevato che «il regime di vendita e ripartizione esistente in Italia ha accentuato gli squilibri di tipo economico tra società maggiori e minori», l'Autorità auspica «la vendita centralizzata, come facoltà e non come obbligo». Ma, aggiunge, «il vero problema consiste nell'inadeguatezza del vigente meccanismo di ripartizione delle risorse adottato in Italia» che «non realizza appieno le tipiche esigenze solidaristiche che connotano il fenomeno sportivo se confrontato con i meccanismi adottati in ambito europeo». Pertanto, l'Autorità ritiene che «i compiti di ripartizione dovrebbero essere attribuiti ad un soggetto terzo, o quantomeno ad un organismo indipendente che risponda alla Figc sulla falsariga della Co.Vi.Soc». Occorrerebbe poi stabilire che «la ripartizione avvenga in modo da: destinare una parte significativa dei proventi alle finalità mutualistiche; attribuire una parte non residuale dei proventi sulla base di criteri meritocratici, prescindendo pertanto dai valori relativi al bacino d'utenza delle singole squadre; riconoscere all'organo tecnico la facoltà di modificare le quote ripartitorie». RAPPORTI FRA CALCIATORI E SOCIETÀ L'autorità auspica un nuovo status dei calciatori. In particolare prevedendo la «introduzione del principio della risoluzione unilaterale dei contratti per giusta causa». Sulle regole per i trasferimenti l'Antitrust poi indica come «il calcio-mercato di gennaio debba essere utilizzato solo dalle squadre che partecipano a campionati diversi e solo eccezionalmente per cessioni tra club concorrenti (ad esempio, per sostituire giocatori infortunati)». Inoltre sui prestiti dei giocatori suggerisce che: 1) quelli «tra squadre che partecipano allo stesso campionato possano avvenire solo a fine stagione»; 2) «la durata minima di tali prestiti» sia quella dell'intero campionato»; 3) sia di due o tre «il numero massimo di giocatori» che ogni club potrebbe prendere o cedere in questa forma. RUOLI FIGC E LEGHE L'Autorità ritiene che «la gestione delle questioni di tipo economico non andrebbe attribuita ad organismi come le Leghe (...) ma piuttosto alla Figc, quale ente organizzatore che, secondo lo stesso ordinamento sportivo, esprime gli interessi di tutti i soggetti attivi nel settore stesso».