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Sfida ad alta quota

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Una marcia imperiosa, un avvicinamento al record di vittorie consecutive che proprio i diretti rivali avevano siglato nella stagione scorsa, un ritmo tale da avvilire anche l'ottimo cammino della Roma, in largo vantaggio rispetto allo stesso periodo del primo campionato di Luciano Spalletti, ma nello stesso tempo con l'incubo di qualche punto letteralmente buttato via quando il calendario sembrava lusingare i sogni più ambiziosi. Sogni non così proibitivi, in un campionato orfano di Juventus, in senso letterale, e Milan, magari quest'ultimo virtualmente, per la penalità generosamente contenuta. Ma pur sempre sogni che avrebbero preteso un più adeguato supporto, che i vincoli di bilancio della società non sembrano in grado di garantire a un tecnico capace di guadagnarsi l'unanimità dei consensi in una città quasi sempre divisa, ricca di critici improvvisati e tifosi che si sentono laureati a Coverciano. Le due protagoniste del campionato vivono, all'atto pratico, realtà difformi, da una parte papà Moratti pronto ad aprire in ogni occasione un portafoglio già largamente saccheggiato, con modesta produttività, nelle stagioni recenti, dall'altra una famiglia che fin troppo si era esposta e che altro non può regalare, alla Roma, se non la incredibile passione di Franco Sensi e l'impegno professionale della signora Rosella. Il mercato di gennaio è però bloccato in entrata, per il club di Trigoria, dopo il parere dalla Covisoc: che riguarda anche le due milanesi, in grado però di onorare senza problemi lo svincolo offerto dalla formula del «denaro fresco». Potranno intervenire, qui, i soliti prestiti, che non offrono né chiarezza immediata né garanzie per il futuro, ma l'organico resterà comunque mortificato dai propri limiti: non a caso è perfino stucchevole che si debba ricorrere alla definizione di emergenza per battezzare le vigilie romaniste. In realtà, se non si vuole ipotizzare una sindrome del lemming, che la recente continuità dovrebbe avere cancellato anche dal campo delle minime percentuali negative, pare impossibile che questo titolo possa sfuggire all'Inter, non più obbligata a sfoggiare uno scudetto fittiziio. Di qui alla primavera, il calendario sembra accordare qualche privilegio alla prima inseguitrice, ma per quanto alto possa risultare il rendimento di una Roma che deve comunque affidarsi sempre alla piena disponibilità dei titolari, le possibilità già esigue di un aggancio scenderanno a zero senza un palpabile contributo della capolista. E se è vero che tutte le squadre, specialmente le più titolate impegnate su più di un fronte, accusano prima o poi una flessione in qualche periodo della stagione, e non è detto che sia lo stesso per tutti, è anche vero che l'insidia riguarda la stessa Roma come l'Inter. E a dare ulteriore conforto alle certezze nerazzurre c'è la disponibilità di un organico sontuoso, che consente di superare senza sussulti l'eventuale ricorso obbligato a un turnover che i romanisti non possono consentirsi, se vogliono garantire l'alto livello prodotto da un copione recitato a memoria, nel quale i protagonisti non dispongono di alternative all'altezza. Prima della pausa, due recite casalinghe per le rivali, l'Atalanta forse più pericolosa per l'Inter di quanto non sia, per la Roma, un Cagliari che però è obbligato a un atteggiamento vicino alla disperazione, dopo l'ultimo capolavoro di Cellino. Un presidente, questo, che in Lega voleva insegnare come guarire i bilanci malati e che si è permesso di stipendiare allenatori in quantità industriale pur di gestire il suo ruolo di padre padrone, che specialmente in Sardegna non è un termine particolarmente onorevole. Il calendario, si diceva, non è arcigno con la Roma, fino a marzo, però è lo stesso dell'andata, quando a produrre i guasti maggiori sono stati proprio i turni in apparenza più agevoli. E questo calendario, tra l'altro, già nella prima

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