L'osservatorio
Il risultato più significativo lo registra al proprio attivo l'Inter, che andava a sfidare la felice vena della Lazio all'Olimpico. E che ha vinto pur avendo giocato mezza partita in inferiorità numerica, gestendo però il minimo vantaggio con grande concretezza, spiegando come una grande squadra, già campione d'inverno, possa privilegiare, quando le circostanze lo impongono, la volgare barricata che è prerogativa delle provinciali. La Lazio, che aveva iniziato bene prima di subire nella parte conclusiva del primo tempo l'iniziativa della capolista, non ha più trovato gli spazi per produrre con profitto l'offensiva che la superiorità numerica le aveva regalato. Infine è arrivato il raddppio, ancora Materazzi, l'Inter a un passo dalla striscia record di una Roma che rimane tuttavia la rivale numero uno con la vittoria di Torino, messa in pericolo nel finale da qualche leggerezza mentale, dopo che il raddoppio di Mancini, ancora grande, sembrava avere messo in ghiaccio una partita giocata dai giallorossi per un'ora in undici contro dieci. Forse un eccesso di confidenza, fortunatamente non pagato, resta inalterato il distacco dalla vetta, ma anche il vantaggio sul Palermo, a passeggio sull'Ascoli dopo pochi minuti di sofferenza. Tante partite finite in disparità di forze: ma, come l'Inter, anche l'Udinese ha fatto il pieno a Bergamo, allo scadere di un lungo recupero. Non era stato un buon segnale, per la Roma, quel rigore né carne né pesce calciato da Totti, sempre lo stesso l'angolo però neanche la forza consueta, troppo facile per Abbiati confermarsi muraglia di fronte ai tiri dagli undici metri. La fortuna ha ripagato il capitano proprio nello stesso momento nel quale Cambiasso portava avanti all'Olimpico un'Inter che in un certo senso aveva interpretato il ruolo caro alla Lazio, aprirsi cioè gli spazi per la controffensiva condotta da Crespo e Ibra: un tacco probabilmente fortuito di Francesco, sul tiro di Mancini, a mettere la palla nell'angolino lontano. La vita che la Roma si era complicata col rigore sbagliato, l'Inter non se la è resa meno complessa per esclusiva responsabilità del suo incontrollabile asso croato: ammonito, si era risparmiato il rosso poco prima di calciare lontano il pallone a gioco fermo, guadagnandosi la doccia. Poi ha spiegato all'arbitro di non avere sentito il fischio: chissà perché, allora, ha scaraventato la palla verso la tribuna dal lato opposto? All'atto pratico, si sarebbe potuto chiudere con il fatidico tè caldo, perché i secondi tempi avrebbero soltanto ribadito i vantaggi delle protagoniste più attese. Per il resto, da rilevare come Milan e Fiorentina si avvicinino finalmente con maggiore intensità alle posizioni di classifica che il loro censo avrebbe preteso, se non fossero intervenute le penalizzazioni. Per i rossoneri, la zona Champions, meno sei, però sul Catania, non è certo un miraggio.