L'osservatorio
Di questo trofeo inventato da France Football, che rivela tutta la superficialità dei francesi in campo calcistico, alla quale non è riuscito a sottrarsi neanche un campione intelligente come Michel Platini, ho già denunciato più volte la totale inaffidabilità. Illustrata da un albo, d'oro pure quello, che comprende nomi imbarazzanti, da Belanov a Sammer a Papin, e che non ha mai concesso il primo gradino del podio a Franco Baresi o a Paolo Maldini. per non parlare dell'esclusione di Totti da un elenco di candidati, l'ultimo, ricco di favoriti nella corsa all'anonimato perenne. Complimenti al vincitore, uno dei nostri: anche se il difensore emigrato alla corte del Real raccoglie il frutto della vittoria mondiale degli Azzurri, tanto è vero che il suo rivale più temibile è stato Buffon. Bravissimo, il portiere numero uno del mondo, però premiarlo avrebbe significato ignorare aspetti umani inquietanti: e passi per la leggerezza delle scommesse all'estero, ma certe scritte sotto la maglia esibite alla folla (non ne conosceva il simbolismo, povero ragazzo sprovveduto) sono raccapriccianti. Ma il Pallone d'oro rappresenta una celebrazione fasulla, perché a votare sono pochi giornalisti di primo piano, come il nostro Roberto Beccantini, ma anche tanta gente di staterelli sperduti che poco o nulla sa del calcio internazionale. Così che non è il valore, ma la visibilità a garantire le posizioni di privilegio. E dunque Francesco Totti non deve rammaricarsi più di tanto del trattamento che gli viene riservato da giurati incapaci, più gratificante l'apprezzamento espresso da un tifo appena punito dalla sue prodezze, più gratificanti la sua continuità e la sua leadership nella storia giallorossa. E pazienza se deve adattarsi perfino a rispondere a Matarrese, che minaccia squalifiche in caso di mancata ubbidienza ai richiami azzurri. Perché questo è il bello: il presidente della Lega, che istituzionalmente dovrebbe tutelare gli interessi dei club, vuole punirli se snobbano gli iniqui ukase federali, ignorando chi siano, per legge, i legittimi datori di lavoro dei giocatori. Così va il mondo del nostro sport più popolare: a rovescio, appunto, nel segno di un'odiosa restaurazione.