di ALESSANDRO FUSCO IL tempo delle prove d'appello è giunto al termine.
L'Italia cede le armi, 16-23 il risultato al termine, al cospetto dei Pumas che Loffreda ha ampiamente rimaneggiato rispetto al XV vittorioso a Twickenham, in capo ad un match autentico capolavoro di autolesionismo. Molto chiare, questa volta, le responsabilità della sconfitta che respinge il rugby italiano lontano dal vertice mondiale. Anzitutto la mediana azzurra, vera croce di una squadra che ieri ha letteralmente dominato le fasi di conquista dell'ovale, guadagnando tesori di possesso dilapidati dalle insufficienti prestazioni di Griffen e Pez. In secondo luogo il risultato pesa, come mai prima d'ora, sulle spalle di Berbizier responsabile del tardivo avvicendamento dei due registi. Visto il dominio del pack italiano nella conquista, se l'ingresso in campo di Picone e Scanavacca fosse avvenuto almeno dal primo minuto della seconda frazione è difficile credere che l'azione che ha fruttato la meta di Stanojevic al 79' sarebbe rimasta l'unica perla offensiva del match. Chiaro che il ct ha maggiori attenuanti rispetto ai giocatori, ai quali era stato chiesto, in sede di pianificazione del match, di variare spesso il gioco per evitare di fare il gioco degli argentini, maestri nell'affossare il pallone qualora questo rimanga nei pressi dei punti d'incontro troppo a lungo. Griffen e Pez hanno fatto esattamente il contrario finchè sono rimasti in campo, favorendo così anche l'eccessivo permissivismo del giovane e inesperto arbitro sudafricano Joubert, incapace di punire a dovere l'ostruzionismo dei Pumas. Con un n.9 più rapido e brillante nel far uscire l'ovale dai breack-down, sarebbero state maggiormente evidenti le responsabilità dei biancocelesti che avrebbero rimediato ben di più del misero e unico giallo al 76', giunto ormai a giochi fatti. Anche stavolta l'Italia chiudeva in vantaggio il primo tempo(se gli incontri durassero un'ora, preoccuperemmo pure gli All Blacks…) per 9-3 sfruttando con il piede di Bortolussi, ieri tra i migliori, le poche scorrettezze argentine rilevate dall'arbitro. I primi 20' della ripresa erano da brividi con gli azzurri che subivano due mete proprio quando cercavano, peraltro con frustranti ed inutili iniziative personali, di dare una scossa al match. Erano bravissimi Todeschini(autore anche di 13 punti dalla piazzola) e Avramovic a sfruttare due breack di contrattacco di Corleto e Aguilla che prendevano origine da giocate "sporche" attorno ai raggruppamenti. Gli azzurri subivano il colpo e non li aiutava l'immobilismo della panchina, superato solo a circa 10' dal termine con l'invocato ingresso di Picone e Scanavacca che, senza fare miracoli, davano subito maggiore vivacità al gioco. Il risultato era la meta di Stanojevic, che ha meritato la segnatura personale con un'altra prova di grande qualità, in capo ad un'azione lineare partita da una rimessa in attacco. L'ovale viaggiava dal n.9 all'apertura, poi al primo centro, ancora n.10 per l'incrocio interno dell'ala che planava in mezzo ai pali senza essere sfiorato dagli avversari. Sarebbe bastato seguire il manuale, sarebbe bastato seguire la logica. Oggi l'Italia ovale si ritroverebbe con una vittoria di prestigio contro la n.6 del mondo in più e con una montagna di amarezza in meno.