Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

di GIANFRANCO GIUBILO CI sarebbe voluto qualcosa di molto più significativo, per ...

default_image

  • a
  • a
  • a

Che un solo primato ha regalato, quello dell'autolesionismo al quale non è nuova l'Inter, andata in gol con Materazzi, così come il suo compagno Maicon nel Brasile in Svizzera, entrambi in gol nella porta sbagliata. Così che non varrebbe la pena di tornare sull'ennesimo trascurabile episodio tinto di azzurro per volere degli sponsor, se non magari per dare un calcio alla solita demagogia sul prestigio che la Nazionale offrirebbe ai prescelti. Ma sì, fingiamo ancora di non sapere che dalla recentissima gestione di Donadoni i convocati sono stati cinquantatré, un dato che da solo testimonia quale sia il livello di questo presunto prestigio, unico preteso risarcimento per i club che per queste occasioni cedono gratis i loro stipendiati. Così Daniele De Rossi, che non ha conosciuto ancora un minuto di riposo nella stagione, è tenuto in campo settanta minuti buoni, e chissenefrega delle esigenze della Roma in campionato. Così Tommaso Rocchi, bomber di razza, viene gratuitamente mortificato imponendogli compiti quasi da difensore esterno, per mantenere una formula che, già discutibile con Di Natale, diventava una presa in giro dopo le sostituzioni, con il laziale vittima più illustre. Il bello è che, attraverso questi ricorrenti omaggi al grottesco che testimoniano come non basti essere un buon tecnico di club per assemblare una Nazionale, in occasione dei raduni azzurri, per parentesi inutili o impegni ufficiali, si finisca per parlare quasi esclusivamente di Francesco Totti. Così che il capitano romanista si trova al centro di un'attenzione ben poco auspicata, a fare da comodo bersaglio per tutti i suoi detrattori: che sono tanti, perché colpire Totti significa colpire la Roma, che quando è forte come in questo momento, ma già dalla passata stagione, diventa scomoda per l'informazione «leghista», quella che esaltava davanti alle telecamere l'opera illuminata di Luciano Moggi e dei suoi compari. Sembra di essere entrati nel vortice di un equivoco senza fine, un equivoco però strumentalmente creato per innescare polemiche sgradevoli. Perché la sostanza della vicenda, in fondo, è di una semplicità disarmante: Totti deve togliersi dalla tibia sinistra una piastra e molte viti metalliche, almeno un mese di inattività, e questo intervento ha deciso di rinviarlo all'estate, a campionato concluso. Fin troppo chiaro è stato nell'indicare una sua disponibilità verso la maglia azzurra per settembre, senza dover affrettare nuovamente tempi di recupero la cui velocità, in vista del Mondiale, era già stata esasperata. Dato il suo contributo a Lippi, Francesco vuole ripresentarsi agli ordini di Donadoni al meglio della condizione: e se qualcuno è restio a capirne le ragioni forse è bene che si dedichi a meno impegnativi mestieri. Qui non si tratta di mercanteggiare, se il cittì riterrà che tra dieci mesi Totti sarà utile alla causa, lo chiamerà e troverà pronta rispondenza. Altrimenti potrà decidere di farne a meno: perdendo il miglior giocatore italiano per le fasi decisive delle qualificazioni europee ma, forse, facendo anche un favore alla Roma e ai romanisti.

Dai blog