Ok ai diritti collettivi
L'autonomia di gestire le risorse resta alla Lega, quindi ai club, ma questi dovranno probabilmente rinunciare a qualcosa: sul quantum tutto è ancora da definire. A mettere la parola fine al sistema della contrattazione soggettiva sarà la nuova legge delega che a giorni approderà in Parlamento. Ma ormai è deciso. Ieri il consiglio della Lega, riunitosi a Roma, ha dato il suo via libera all'unanimità alla riforma, che sarà oggetto, a partire dalla prossima settimana di un confronto a livello tecnico sugli aspetti più delicati. Dopo il varo della riforma del sistema radiotelevisivo anche i diritti del calcio fanno il primo importante passo verso un riassetto globale. «Spero di non concludere la mia presidenza del calcio con una sconfitta» la preoccupazione del presidente della Lega Antonio Matarrese al termine della riunione del Consiglio di Lega. Ma poi incontra il ministro e ritrova il sorriso. «È evidente che la gestione delle risorse farà sempre capo alla Lega» le parole rassicuranti della Melandri, la quale però tiene a precisare che il Governo sul resto - mutualità, ripartizione delle risorse (una quota uguale per tutti e un'altra secondo criteri «meritocratici»), aiuti ai vivai, investimenti per settori giovanili e territorio - non è disposto a fare sconti. «Il Governo vuole un equilibrio nuovo e migliore, importando dei criteri che in altri paesi europei già esistono. Non c'è alcuna volontà distruttiva, semmai vogliamo essere di aiuto». La verità e che dopo liti e incomprensioni (ultime le «sparate» di Garrone e Zamparini), dopo calciopoli, i processi, il trionfo mondiale e adesso gli Arbitrati, il mondo del calcio si trova con le spalle al muro. Tutti sono «costretti» a trattare, a trovare un accordo al loro interno. Compresi i grandi club («è auspicabile che un giorno nel consiglio di Lega ci sia anche la Juve» dice Matarrese). La posta in gioco è altissima. «Dobbiamo dimostrare di essere capaci di gestire questo difficile passaggio - avverte il n.1 della Lega -. O riusciamo a farlo oppure per noi non c'è futuro. In quel caso ci meriteremmo di essere governati». Un'ipotesi a cui nessuno all'interno del governo del pallone per il momento vuole pensare. Ma il rischio comunque esiste. Di fronte a questo pericolo la Lega ritrova compattezza. «Daremo tutte le garanzie possibili, ma chiediamo al Parlamento una prova di fiducia. Ma dobbiamo essere noi - ribadisce Matarrese - a gestire le risorse. Su questo il Parlamento non dovrà dividersi». L'autonomia del calcio non è in discussione e Matarrese manda un avvertimento sia al Garante alla concorrenza Catricalà («mi stupisco che parli, sono cose che non competono all' Authority. Il calcio sta diventando come l'acquasantiera»), sia a Borrelli («non ha titoli per parlare. Lui deve fare il capo Ufficio indagini, non è lui che deve riscrivere le regole»). «Nessuno vuole che sia la legge a gestire le nostre risorse - l'altolà di Matarrese -. Dobbiamo cercare noi un accordo al nostro interno e c'è la volontà politica di trovarla. Il terremoto che c'è stato ha fatto rinsavire tanta gente». Cosa chiede il calcio al mondo politico? A parte l'autonomia gestionale delle risorse due cose: meno «vincoli» e meno tasse («per le nostre risorse sono un danno notevole»). «Bisogna lasciare libertà di azione a noi imprenditori. Dobbiamo dar prova di serietà e maturità. Altrimenti diciamo che non siamo capaci e allora meritiamo di essere gestiti».