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Le ragazze del tennis a Charleroi per la finale di Federation Cup

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Apre Francesca Schiavone con la Flipckens. L'Italia parte alla pari

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Fuori luogo quindi ricordare che il tennis è uno sport individuale e che se veramente volesse avere un campionato del mondo a squadre dovrebbe organizzarlo su basi più ampie e più adatte a definire il valore di un movimento tennistico. La Fed Cup, come ormai viene chiamata anche nei documenti ufficiali, è nata nel 1963 con molto ritardo sulla Davis, che era nata nel 1900. Le donne avevano fatta molta strada nello sport e quindi anche nel tennis tuttavia ci furono molte incertezze sulla formula da adottare. Il tennis femminile, che reclama premi uguali nei grandi tornei, non se l'è sentita, almeno all'inizio, di copiare la formula della Coppa Davis. Infatti nelle prime edizioni si è giocato in sede unica (due volte anche in Italia, a Torino nel 1966 e a Napoli nel 1974) sulla base di due singolari e di un doppio, tutto da risolvere in una sola giornata. Solo più tardi si è capito di dover allargare il confronto a quattro singolari ma si è voluto collocare il doppio alla fine con il rischio fin troppo evidente di renderlo molte volte inutile ai fini del risultato. Il doppio, che ormai è stato qiasi definitivamente ucciso anche nei grandi tornei, ha ancora un suo significato in Davis, dove spesso è decisivo e si gioca sempre quando il risultato non è ancora definitivo. Da molti anni la situazione e i risultati del nostro tennis ci dicono che stiamo molto meglio nel settore femminile che in quello maschile, come hanno confermato, senza essere troppo brillanti, anche i risultati del recente Open degli Stati Uniti dove tutti ci attendevamo di più da Francesca Schiavone, la nostra migliore giocatrice. Avendo due tra le migliori giocatrici del mondo da qualche anno, il Belgio avrebbe dovuto vincere più volte la Fed Cup invece dopo il successo ottenuto nel 2001 non se ne sono verificati più per una ragione semplicissima perché le due campionesse belghe, Justine Henin e Kim Clijsyers, che insieme vantano sei vittorie e ben otto finali nelle prove del Grande Slam, non hanno quasi mai giocato insieme nella competizione. Non lo faranno nemmeno questa volta ma per ragioni indipendenti dalla loro volontà, anche se in un primo tempo la Henin aveva fatto sapere di non voler giocare questa finale. La Henin, spirito indipendente, non è mai andata d'accordo con i dirigenti della sua Federazione. Così aveva rinunciato, perché stanca dopo la finale di Wimbledon, alla semifinale con gli Stati Uniti. Voleva peraltro assistere all'incontro dalla panchina ma le è stato impedito. Lei si è offesa e così ha deciso: niente finale. Poi ha cambiato idea. Senza la Henin eravamo favoriti perché abbiamo una squadra più completa e omogenea, con tutte e due le belghe in campo non avevamo possibilità. Poi però la situazione è cambiata ma per diverse ragioni, perché la Clijsters si è infortunata a un polso e ha dovuto rinunciare prima all'Open degli Stati Uniti, che aveva vinto l'anno scorso, poi alla finale. Anche noi abbiamo un piccolo problema perché Flavia Pennetta, la nostra seconda giocatrice, si è infortunata anche lei, fortunatamente in modo meno grave al punto che il dottor Parra, che cura i nostri tennisti, fino a ieri sperava di recuperarla. Rimaneva un dubbio, meglio una Pennetta all'80 per cento o meglio una Santangelo in buona condizione? Alla fine, tutte le riserve sono state sciolte. Spazio dunque alla Pennetta che, seppur non in eccellenti condizioni, ha recuperato dall'infortunio e oggi scenderà in campo nel secondo singolare contro la numero uno belga, Justine Henin. Per il nostro tennis è un'occasione unica e fortunata. Speriamo di non sciuparla.

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