Grandangolo

Inutile rimuginare sul sesto posto perso a tavolino. Lo tsunami del football ha rivoluzionato le gerarchie e adesso offre su un vassoio d'argento un campionato sempre più televisivo ma ignoto perfino a se stesso. Si ricomincia, orfani della Juve. E con la Lazio che boccheggia a -11 fra i reprobi castigati da Calciopoli, pure se si spera in un alleggerimento della pena (almeno quattro punti!) ai primi di ottobre grazie all'Arbitrato del Coni. Peggio stanno Fiorentina e Reggina e meglio addirittura i leggendari biancazzurri di Fascetti, che azzerarono il -9 di partenza salvandosi comunque agli spareggi di giugno 1986. Altri tempi, altri scandali... Stavolta le decisioni della Corte Federale hanno vanificato la meritata conquista della zona Uefa e inibito il presidente Lotito, sempre più inviso ai detrattori della Curva Nord nonostante l'acclarata buona fede e gli sforzi effettuati per allestire una formazione che varrebbe il quinto-sesto posto della prossima serie A senza l'handicap di partenza. Ne deriva il timore di prolungare l'apnea oltre misura, causa un calendario subito aspro che prevede dopo Milano la visita del Palermo all'Olimpico e la trasferta a Verona per monitorare il Chievo. Ma potrebbero essere preoccupazioni fuori luogo e la Lazio freme per chiarire subito a se stessa le proprie possibilità opponendo al tabù dello stadio Meazza, nuovo epicentro del presunto calcio pulito dopo la devastazione juventina, la velocità dei propri incursori innescati dalla fantasia di Foggia e dai ragionamenti di Ledesma, ottimi supporti soprattutto per l'accoppiata Pandev-Rocchi, che dovrebbe risultare parecchio indigesta alla difesa abbastanza obsoleta di Ancelotti. Dove rientra Nesta, salvo ammettere che sarà difficile non correre pericoli sprovvisti del nerbo atletico di Gattuso e del filtro Ambrosini, quasi non bastassero i cattivi presentimenti di una campagna acquisti pressoché ininfluente e dei rimpianti che ancora suscita l'addio di Schevchenko, primo campione ceduto al miglior offerente durante l'epopea berlusconiana. Toccherà tra poco alla Lazio, sempre assillata da problemi ambientali e dal diminuito amore dei suoi tifosi, distinguibile sul fronte abbonamenti (ancora distanti dalle diecimila tessere), evidenziare ruggini ed eventuali crepe degli antagonisti, mettendo immediatamente Delio Rossi al riparo dalle critiche di quanti continuano ad applaudire quello che l'esule Di Canio ha detto sul conto del suo ex allenatore. Che resta il valore aggiunto di un organico ringiovanito e con grandi possibilità di prospettiva, pure se l'immutato assetto difensivo continua a destare non poche perplessità soprattutto laddove operano i centrali Siviglia e Cribari. O almeno così ci è parso nelle amichevoli di avvicinamento ai test veri, fra luci e ombre, fra le solite polemiche e la voglia matta di capire in quale maniera e attraverso quali strategie si possano ripristinare serenità e compattezza nel mondo di Formello. Ora basta. Ora dopo aver trattenuto Oddo che ha sognato invano il Milan e che si contenta di polemizzare sul rapporto poco amoroso fra Totti e la Nazionale, prevale il desiderio di vagheggiare il blitz imminente che provocherebbe il ricongiungimento fra i ragazzi di Lotito e la nobiltà milanista, laggiù sotto i bassifondi. Forse ha ragione Delio Rossi quando dice che l'obiettivo è soltanto la salvezza. Forza, bisogna cominciare a rialzare la testa, con realismo e senza soverchie illusioni. Poi, più avanti, si vedrà. Arbitra Bertini, e stavolta speriamo che la sudditanza psicologica faccia parte di un passato che non deve più tornare.