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dall'inviato TIZIANO CARMELLINI MILANO — Il calcio riparte da dove aveva lasciato ...

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E invertendo l'ordine dei fattori il prodotto non cambia: diverso lo score (4-3 per i nerazzurri), non il risultato finale che vede l'Inter di Mancini alzare una Coppa ai danni della Roma di Spalletti. Stessa finale, stesso stadio. Nel mezzo lo tsunami che ha sommerso di fango il calcio italiano e che ce lo ha restituito ancor più pieno di dubbi. Non basta alla Roma interrompere un digiuno lungo 489 minuti, realizzare tre gol e giocare un primo tempo stellare per portar via dal Meazza la Supercoppa italiana. Non basta perché la ripresa è tutta nerazzurra e l'Inter, che aveva già vinto la partita del calciomercato (49 i milioni di euro spesi da Moratti finora a dispetto dei 9 giallorossi), si aggiudica anche quella, lunghissima (120 minuti), giocata sul campo fradicio di San Siro. Mancini & Co. festeggiano così uno scudetto vinto a tavolino Spalletti deve fare a meno in extremis di Pizarro. Un problema «burocratico» blocca il cileno che non ha ricevuto il nulla osta per indossare la maglia della Roma in una gara ufficiale e il suo esordio è rimandato. Ma il toscano non cambia le sue idee e la squadra che scende in campo è la stessa che ha chiuso la scorsa stagione. Cambia il modulo, già pensato per l'inserimento del cileno lì qualche metro davanti alla difesa. È un 4-1-4-1 con De Rossi a fare il Pizarro e Aquilani messo nel mezzo nella linea dei quattro centrocampisti. Totti unica punta. Primo tempo a senso unico, in campo c'è solo una squadra: ed è la Roma. Paga, probabilmente il fatto di aver cambiato di meno: anzi nulla. Nell'Inter i tre nuovi innesti (Grosso, Vieira e Ibrahimovic) non sembrano aver portato i risultati sperati: l'Inter è ancora senza un gioco e la differenza tra le due squadre è tutta lì. La Roma invece il gioco ce l'ha eccome e sotterra nella prima parte di gara gli avversari. Gli uomini di Spalletti giocano sempre la palla di prima e non danno riferimenti agli avversari che perdono il filo del gioco. Il primo segnale arriva dopo undici minuti con la prima azione corale della Roma: solo l'imprecisione di Mancini sotto rete salva la porta di Toldo. Ma nulla può il portiere nerazzurro due minuti dopo quando Zanetti gli sporca un pallone in fase di copertura (palla messa in mezzo da Panucci) e Mancini gli scippa di testa il pallone per l'uno a zero che spalanca la strada ai giallorossi. L'Inter scompare dal campo, si affida alle singole giocate dei suoi «fenomeni» e la Roma lì in mezzo fa quel che vuole. Aquilani sale in cattedra e cresce assieme alla condizione di Totti che inizia a distribuire palloni e gioco. Al 19' palla nel mezzo dalla destra di Taddei al termine di una triangolazione e Aquilani costringe al miracolo Toldo: angolo. Il raddoppio è nell'aria perché la Roma gioca decisamente meglio e supera senza ostacoli la metà campo nerazzurra. Ci pensa Totti a chiudere il triangolo con Aquilani e a mettere sui piedi del giovane centrocampista una palla da spingere solo in rete: fa 2-0 e Inter ko. La terza chicca porta la firma ancora di Aquilani (prima doppietta in carriera) ma arriva al termine di un'azione da manuale del calcio. Chivu chiude in difesa su Ibra, apre il gioco su Aquilani, Mancini, Aquilani, Taddei, finta di Perrotta, Aquilani batte a rete e fa tre a zero: Roma pazzesca. Finita? Macchè, i giallorossi si distraggono e nel finale del primo tempo incassano il gol che cambia la gara. Arriva, ovviamente, da calcio piazzato. Punizione di Figo (44'), la testa di Vieira svetta in area: 1-3 e Saccani fischia l'intervallo. Mancini la vede brutta e prova a cambiare modulo: il centrocampo diventa un rombo con Figo vertice alto e la cosa funziona: il portoghese cresce col passare dei minuti e accentrato inizia a far male alla Roma. La squadra di Spalletti soffre ma stringe i denti. Mancini mette dentro Crespo: l'uomo della svolta. L'argentino ha fame e si vede. Dopo un minuto costringe Doni agli straordinari, poi castiga il brasiliano spizzando di testa un cross di Stankovic e infilando la palla nell'angolino basso. Ne

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