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È bufera-doping anche sulla Jones

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Tre colpi, uno dopo l'altro, alla credibilità dello sport americano. Dopo due fulmini a ciel sereno, il presunto passo falso della Jones non sorprende più di tanto. La positività all'Epo negli Assoluti disputati a giugno a Indianapolis non è ancora ufficiale. «Jones» e «doping» sono parole che negli ultimi anni hanno viaggiato a braccetto sui media di tutto il mondo. I sospetti abbondavano, le prove mancavano. Vincitrice di 3 ori e 5 medaglie ai Giochi di Sydney 2000, sotto la guida tecnica del «solito» Graham, dal 2003 la Jones è stata chiamata più volte in causa sul tema del doping, ma si è sempre detta estranea a certi illeciti. Ma la parola d'ordine è diventata «diffidenza». Per questo, il 24 giugno, la vittoria della Jones a Indianapolis in 11"10 ha destato sospetti. Pochi hanno creduto alla rinascita improvvisa di un'atleta di 30 anni. La sprinter è tornata a correre e a Parigi è scesa sotto il muro degli 11" fermando il cronometro in 10"92. Venerdì, a Zurigo, avrebbe dovuto gareggiare nel meeting in cui Asafa Powell ha eguagliato il suo record mondiale. La Jones, invece, a poche ore dallo start ha preso un aereo ed è tornata a casa per «motivi personali». Per lei, ha parlato il suo avvocato Rich Nichols. «Marion Jones ha sempre detto di non aver mai assunto sostanze proibite», ha detto. «È disdicevole che l'integrità e la segretezza della procedura del controllo siano state compromesse». La federazione internazionale di atletica, resta in attesa di comunicazioni: «Aspettiamo notizie dalla federazione statunitense. Per dire che un atleta è positivo, bisogna aspettare il primo test e le controanalisi». Di norma è così, ma non per gli organizzatori della Golden League di Berlino. Già il 3 agosto scorso dalla capitale tedesca era arrivato il veto: «La Jones fa parte di un circolo di atleti sospetti. La sua presenza non è opportuna, anche se non ci sono prove». Quelle, a quanto pare, stanno per arrivare.

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