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Una Roma fama e gloria

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«Fa parte delle regole non scritte del nostro mestiere. Qualche volta la scena, lo confesso, l'ho immaginata. Ma in cuor mio ho sempre sperato che accadesse quello che poi s'è verificato. Ho altri due anni almeno di Virtus davanti a me. Forse quelli più importanti». Perché dopo aver tanto seminato sembra sempre più vicino il momento di raccogliere. «Abbiamo giocato due semifinali consecutive per la corsa al tricolore. Ed una finale di Coppa Italia, persa lo scorso febbraio a Forlì contro Napoli. Spero che siano tappe d'avvicinamento. Anche se quella contro i partenopei resta una serata di grande amarezza». Tempo fa disse che aveva avuto l'impressione che le avessero rubato qualcosa. «Si, ho usato questa espressione forte per descrivere la sensazione di vuoto e di impotenza che avevamo negli spogliatoi. Napoli, sportivamente, non rubò nulla. Ma noi per più di 30' abbiamo toccato con mano quel trofeo che poi è sfuggito quando ormai sembrava nostro. Penso che dentro ci sia rimasta la rabbia giusta per far tesoro di quell'esperienza e poterla usare per non cadere più in errore». Torniamo al suo rapporto con Roma e con la Virtus. Un tempo il suo soprannome era Tonno. Oggi è il capitano. «Tanta gente mi ferma per strada, mi riconosce e mi chiama così. Se penso a quando sono arrivato, giovanissimo, in questa città e la sera, dopo l'allenamento, andavo nel quartiere Prati a mangiare i cornetti mi viene da ridere. Mi mischiavo ai miei coetanei e se rubavo lo sguardo di qualcuno era solo per la mia altezza. Oggi la gente mi identifica con la Virtus. È un onore per me, che questi colori li ho nel cuore». Dodici anni in giallorosso. Quale è il ricordo più brutto. «Umanamente la morte di Davide Ancilotto. Una tragedia che ha cambiato la vita di tutti noi che lo conoscevamo. Sportivamente, mi ripeto, la sconfitta contro Napoli nella finale di Coppa Italia». Ed il ricordo più bello? «Il muro di folla del PalaLottomatica nelle due ultime edizioni dei playoff. Abbiamo smosso più di qualcosa e cambiato qualche gerarchia cittadina. Immaginare, dieci anni fa, il Palazzo tutto esaurito due giorni prima delle partite e tutta quella gente vestita con la stessa maglietta colorata a formare un effetto cromatico incredibile, era qualcosa di impossibile. Ce l'abbiamo fatta. Ora dobbiamo ripagare questa passione regalando a tutta questa gente una vittoria». Intanto ad ottobre Tonolli sarà il capitano della Virtus nella sfida contro i Phoenix Suns. «È un evento che aspetto con ansia e curiosità. Sarò in campo contro dei miti della Nba. È un grande riconoscimento per la città e per la società. Faremo bella figura, statene certi. Ed alla fine mi farò una foto accanto ad ognuno di loro, come un tifoso qualunque». Si è chiuso il ciclo-Pesic. Con che bilancio personale? «Sono stati due anni durissimi che mi hanno consentito di crescere ancora». Ed ora in arrivo c'è Repesa. «Sono curioso di conoscerlo. Da avversario è stato un mezzo incubo viso che la sua Fortitudo ci ha eliminato per tre volte consecutive dai playoff. Come tecnico mi sembra uno che mette la squadra, pur con tutti i fuoriclasse che si possono avere, al centro dell'attenzione distribuendo bene le responsabilità». Potrebbe arrivare anche Belinelli. «È giovanissimo ma già un grande fuoriclasse. Con Bodiroga ed Hawkins formerebbe un terzetto senza pari». Intanto l'addio di Righetti è ormai ufficiale. «Mi dispiace, Perché oltre che un ottimo giocatore Alex è un caro amico. Ma è la nostra professione. E poi ci sono i telefonini per stare in contatto». Per chiudere, due parole sul presidente Toti. «È una persona seria e professionale. Uno su cui un giocatore può sempre contare. È arrivata l'ora di regalargli qualcosa di importante».

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