di GIOVANNI ESPOSITO GOTEBORG - La pioggia improvvisa sembrava volesse rovinare il ...

Ma Andrew Howe si è ribellato a questo destino ed ha deciso che l'azzurro doveva essere il colore vincente dello stadio Ullevi. Così l'aviere reatino, confermando le previsioni, ha conquistato il primo titolo europeo nella storia del salto in lungo planando a 8.20. Nella manifestazione eravamo arrivati all'argento con Arturo Maffei nel 1934 e al bronzo con Giovanni Evangelisti nel 1986. La misura della 33esima medaglia d'oro italiana alla rassegna continentale dice poco se non si tengono in considerazione le pessime condizioni atmosferiche, il vento che faceva le bizze e l'umidità che ha condizionato evidentemente il rendimento di tutti i saltatori. Padrone della gara sin dall'inizio, il talento cresciuto nel vivaio della Studentesca Cariri ha piazzato subito un 8,12 arrotondato poi a 8,20 nella seconda prova. Unico avversario capace di stargli dietro l'ucraino Lukashevych che si portava a 8,12 (buono per il bronzo). Per parlare di brividi bisogna arrivare all'ultimo turno di salti quando il giovanissimo inglese Rutheford ha piazzato l'8,13 buono per vincere l'argento. Per il resto nessuna sorpresa: Howe ha portato a casa il terzo oro importante della sua carriera dopo la doppietta ai Mondiali Juniores 2004 nei quali primeggiò nel lungo e nei 200. «Sono contentissimo - dice l'azzurro al termine della fatica - è stata molto dura, gli avversari erano determinati, sembrava che fossero tutti contro di me. Avevo detto alla vigilia che l'ucraino ed il russo erano pericolosi e così è stato. La pioggia ha reso tutto più difficile, ho la sensazione di aver rincorso sempre la gara perché in pedana ero troppo indietro». E' vero, fin dal primo salto l'allievo di mamma Renée ha regalato centimetri importanti, quelli indispensabili per tentare l'ennesimo assalto al record italiano di Evangelisti di 8.43. «Per carattere sono molto competitivo - continua con il sorriso sulle labbra - ecco perché nello stesso tempo, oltre alla gioia c'è un piccolo rammarico perché avrei potuto saltare di più. Questa medaglia ha comunque un grosso valore, l'anno prossimo ci sono i mondiali e posso guardare alla rassegna di Osaka con molta positività». La scelta di puntare prevalentemente al lungo ha dato evidentemente i suoi frutti. Già quest'inverno il bronzo iridato ai mondiali indoor di Mosca con 8.19 aveva fatto capire che la strada era quella giusta. La gara svedese ha confermato tutte le potenzialità di un ragazzo destinato a volare ancora molto lontano. «A fine stagione correrò qualche gara di 100 e 200 per scherzare. Prima di un meritato riposo - conclude l'azzurro - gareggerò a Zurigo dove incontrerò avversari importanti. L'occasione potrebbe essere di quelle giuste per migliorare il primato personale di 8.41 e quindià». Visibilmente soddisfatta, anche la signora Felton, l'allenatrice che ha condiviso tutto con il figlio, i momenti belli e quelli grigi quando qualcuno aveva messo in discussione il suo operato: «Mi sento onorata di questo regalo fatto all'Italia - le sue parole - Andrew è giovane, è ancora acerbo, ha molte cose da dire. Abbiamo centrato l'obiettivo che ci eravamo prefissati e per questo voglio ringraziare l'Aeronautica che mi ha consentito di operare come donna e mi ha permesso di seguire da vicino l'intenso lavoro programmato. Un grazie anche al direttore tecnico Nicola Silvaggi, al responsabile di settore Claudio Mazzaufo, a Carmelo La Cava che ci è stato sempre vicino ed infine ai miei familiari». Il pensiero va a Jeremy, il fratello minore che è rimasto a casa. In molti dicono che sia addirittura più forte di Andrew. Forza Renée, l'Italia ha bisogno di medaglie.