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di MARCO GRASSI IL GIORNO dopo è quello delle smentite.

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Il corridore si difende come può: «Non mi sono dopato, la mia vittoria al Tour de France è frutto esclusivo del mio sacrificio», e questo in parte non si può negare, visto che doping o non doping i ciclisti la fatica la fanno. Nella conferenza stampa indetta ieri pomeriggio a Madrid Landis ha provato a spiegare le sue ragioni: «Chiedo a tutti gli organi di informazione di interpretare nella giusta maniera tutto quello che sta accadendo: non c'è nessuna positività e sono disposto a sottopormi a tutti i controlli possibili per dimostrare la mia innocenza». Un rilancio inatteso, che vorrebbe rimescolare le carte in tavola: gli avvocati hanno spiegato che «Landis ha sin da ragazzo una elevata produzione di testosterone». Tutto questo significa due cose: la prima è che Landis sa che anche le controanalisi gli saranno sfavorevoli; la seconda è che tra ricorsi e carte bollate si rischia di andare per le lunghe. E intanto il ciclismo va a picco.

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