IL GRANDE accusatore non perde una causa da cinque anni e, da buon partenopeo, potrà ...

Stefano Palazzi è stato uno degli uomini chiave del procedimento disciplinare che questa sera all'hotel Parco dei Principi vivrà il suo atto conclusivo. Ha usato la mannaia, ha cercato in ogni modo di buttare nel calderone quanta più gente possibile. Di certo ha già perso, almeno agli occhi del signor Tagliavento di Terni: per lui aveva chiesto cinque anni di inibizione. È stato prosciolto. Così come altri tre suoi colleghi. E avrà scarsa considerazione di lui anche il signor Gianluca Rocchi di Firenze, altro fischietto nuovamente tirato in ballo seppur prosciolto dalla Caf nel giudizio di primo grado. È stato nuovamente tirato in ballo in fase di appello per la partita Chievo-Lazio: in quella settimana Rocchi non ebbe nessun contatto diretto nè con il designatore, nè coi dirigenti federali coinvolti in Calciopoli. Quella fu una delle poche settimane in cui non venne effettuato il consueto raduno degli arbitri a Coverciano. Solo Palazzi può darci la prova provata dell'illecito per cui l'arbitro e la Lazio hanno dovuto difendersi anche nel secondo grado di giudizio. Voci di corrodoio sussurrano che lo avrebbe fatto semplicemente per rafforzare la sua tesi accusatoria contro la Lazio, altrimenti troppo leggera con il solo capo d'imputazione legato alla sfida Lazio-Brescia. In questo periodo ha spesso raggiunto la sua famiglia, pur avendo — sempre secondo voci di corridoio — una stanza riservata al Parco dei Principi. Hotel a cinque stelle da 550 euro a notte: la Federcalcio sarà lieta — qualora l'indiscrezione fosse confermata — di pagare la nota spese del procuratore federale. Impeccabile nel vestire, col vezzo del fazzoletto bianco nel taschino. Ha sempre recitato il ruolo del primo classe e questo atteggiamento, tenuto anche in aula, non sempre ha giovato a fargli guadagnare nuove simpatie. Eccessivo nella riverenza verso il collegio giudicante, nei guizzi impermalositi contro gli avvocati difensori chiamati nell'eloquio a smontare quel teorema d'accusa da lui stesso imbastito, del tutto simile al vestito di Arlecchino. Pare, ed è un'altra voce di un loquace corridoio, che il più importante personaggio chiamato da lui alla sbarra abbia avuto modo di incrociare con lui lo sguardo e, senza esitazioni, lo abbia etichettato con parole poco edificanti. Ma il procuratore sa resistere a questo tipo di provocazioni, se è vero come è vero che è stato l'unico, leggasi unico, uomo della Prima repubblica del calcio ad essere sopravvissuto a Calciopoli. Il motivo bisognerebbe chiederlo a Guido Rossi ma fino ad oggi non abbiamo capito il motivo per cui, dopo le dimissioni del presidente federale Franco Carraro, del suo vice Mazzini, del capo dell'Ufficio Indagini Pappa, del presidente della Caf Martellino e del capo della Corte federale De Lise, Stefano Palazzi abbia, inspiegabilmente, mantenuto la sua carica. Se fosse un giocatore di calcio agirebbe certamente sulla trequarti: di certo la fantasia non gli manca. Sim. Pie.