di RINO TOMMASI PARE se ne siano finalmente accorti.
Nello sport professionistico se i più ricchi non sono scemi, vincono sempre loro ed ecco spiegato perché - sentenze e scandali a parte - quasi l'80 per cento degli scudetti sono stati vinti - non nella stessa misura ma in quantità significativa - dalle squadre di tre città e non credo sia necessario spiegare qui perché Milano e Torino hanno vinto molto più di Roma. Poiché ci sono situazioni (popolazione, risorse, stadi) che non si possono modificare l'unico parametro sul quale è possibile agire è, dal almeno 15 anni a questa parte, quello dei diritti televisivi. Ho ripetuto fino alla noia come sotto questo aspetto il modello da copiare fosse quello americano dove i diritti vengono trattati dalla Lega e divisi in parti uguali. È vero che da quelle parti, dove le Leghe in tutti gli sport professionistici sono a numero chiuso e non prevedono il meccanismo delle promozioni e delle retrocessioni, il metodo della distribuzione sia più facilmente applicabile ma quel sistema mi pareva meritevole di studio. Purtroppo l'attenzione del nostro mondo politico ai problemi dello sport in genere è molto modesta. Così è accaduto che il governo D'Alema nel 1999 abbia commesso un errore clamoroso nello stabilire la soggettività dei diritti televisivi e che il governo Berlusconi non abbia voluto, per mancanza di informazioni, di studi o di volontà, modificare quella stolta delibera. Ora qualcosa si sta muovendo ma è bene ricordare che se la situazione è degenerata fino a creare differenze inaccettabili la responsabilità è anche dei presidenti che le hanno accettate. Fin troppo ovvio che la colpa maggiore è della Lega, che dovrebbe avere avuto come obiettivo principale la qualità del prodotto, cioè del campionato, e che questa qualità è inevitabilmente in funzione dell'equilibrio. Purtroppo, poiché siamo in Italia, si finirà per adottare una soluzione di compromesso che a mio parere migliora la situazione ma non la rende ottimale. Finirà probabilmente per prevalere la teoria (già prospettata in questa sede in numerose occasioni) di una divisione in parti uguali del 50 per cento delle risorse, affidando la ripartizione del resto a criteri molto discutibili e che finiranno per premiare gli stessi club che hanno avuto la meglio nel periodo in cui ha prevalso il principio della contrattazione soggettiva. Non ho mai sperato che si potesse arrivare ad una divisione in parti uguali perché da noi manca la cultura necessaria per far passare un principio elementare partendo da un presupposto di facile comprensione. Prendendo in esame i due club che l'anno scorso hanno incassato di più (la Juventus) e di meno (il Treviso) è fin troppo facile dimostrare che come prodotto televisivo Juventus-Treviso vale molto di meno di Treviso-Juventus. Non so ancora come andrà a finire ma mi fa piacere constatare, dopo avere combattuto praticamente da solo questa battaglia per molti anni, ora mi accorgo di avere trovato per strada molti alleati.