Presentato il nuovo ct della nazionale Donadoni: a lui l'Italia campione del mondo di Lippi
E l'impresa, se è possibile ancora più difficile di scalare la vetta, è quella di restarci: rimanere campioni del mondo... anzi d'Europa visto il calendario e gli imminenti impegni della nazionale. Il capocordata scelto da Guido Rossi in persona (anche se il consiglier Albertini ci ha messo molto del suo) è Roberto Donadoni, «uno che non ha bisogno di presentazioni» come tiene a precisare lo stesso Commissario Straordinario della Figc. La cornice è più o meno la stessa vista qualche mese addietro alla vigilia della spedizione azzurra in Germania. Hotel Parco dei Principi a Roma, sala stampa gremita di cronisti, sul bancone Rossi, l'immancabile Riva e il nuovo ct della nazionale campione del mondo che svela senza misteri quale sarà il suo primo approccio in azzurro: «cambiare il meno posibile». Ma l'affermata teoria che «squadra vincente non si cambia», dovrà fare i conti con le fantasie e la voglia dei campioni del mondo: uno su tutti, Francesco Totti che aveva annunciato l'intenzione di lasciare la maglia azzurra. E il primo lavoro di Donadoni, uno che nel calcio ha vissuto la sua vita, sarà prorpio quello di convincere il capitano della Roma a restare. «Lo chiamerò — ha attaccato il nuovo ct — voglio capire le sue intenzioni. Dubito che la sua sia una decisione inderogabile. Lui è un giocatore indispensabile per chiunque, calciatori come lui ci vogliono sempre: è un patrimonio del calcio. Ed è ancora giovane...». Cambia il tecnico dunque, ma non la strategia (Lippi docet) che punterà ancora sui pezzi «forti» di questa Italia. Totti è uno che fa discutere, da sempre (forse anche per via della sua accentuata romanità), ma poi quando un tecnico deve fare la formazione vorrebbe sempre averlo in campo: e non è difficile, per chi si intende di calcio, capire perché. Lo dice chiaro e tondo Donadoni quando gli si chiede che Italia sarà. «Ripartirò dalla squadra di Lippi, ha appena vinto il Mondiale e fare diversamente sarebbe sbagliato. Poi cercherò di metterci del mio. Tutti devono pensare di potere vestire la maglia azzurra. Tutti devono pensare di potere vivere questo sogno. Non chiudo la porta a nessuno». L'ex tecnico del Livorno sa benissimo che lo aspetta un periodo molto difficile, perché il confronto con l'Italia campione del mondo sarà sintomatico. «È un'eredità pesante, vero, ma è meglio avere alle spalle una coppa del mondo su cui lavorare che il nulla». La chiamata della federazione gli è arrivata come un fulmine a ciel sereno: non se l'aspettava, ma non ha mai dubitato sulla risposta da dare... «sì». Il suo numero fortunato è il 43: come i suoi anni o come le panchine in serie A. Poche e forse anche per questo alla faccia del «puntiamo sui giovani» la Figc gli ha fatto un contratto di soli due anni (fino all'Europeo di Austria e Svizzera) a metà della cifra intascata da Lippi (staff tecnico ancora da definire nei prossimi giorni). Ammette. «La chiamata comunque ha sorpreso anche me ma non ho mai pensato di non accettare. So cosa significa avere addosso la maglia azzurra e per me è un orgoglio. Paura? Forse un pò, inconscia, ma a volte anche la paura fa bene». E il suo lavoro inizierà subito in salita, perché, amichevole del 16 agosto con la Croazia a parte, le due prime partite «ufficiali» (2 settembre a Napoli contro la Lituania e il 6 in Francia) rischiano di diventare, qualora i campionati dovessere slittare (ipotesi al momento tutt'altro che remota) le due prime gare della stagione. Le prime del «nuovo» calcio italiano. «Due partite difficili in cui dovremo essere veramente bravi. Lo slittamento sarebbe poi un ulteriore difficoltà, ma non c'è un'altra possibilità. Dovremo accettarlo e prepararci lo stesso al meglio per i primi impegni ufficiali. Le sentenze? Non sta scritto da nessuna parte che la Nazionale debba essere fatta solo da giocatori di serie A e se qualcuno andrà all'estero non lo perderò di vista. Complicherà il mio lavoro ovvio, ma farò buo