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di GIANFRANCO GIUBILO SMALTITA la sbornia, esaurite le ultime riserve di adrenalina, ...

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Ma, al di là degli impegni più immediati, e di accettabile grado di difficoltà almeno per quanto riguarda la qualificazione, sembra logico interrogarsi sul futuro di questo gruppo. Risolto il problema del ct con la scelta di Donadoni, ora si pone quello della squadra. La schiera dei trentenni è molto nutrita, ma soprattutto tra quattro anni, all'appuntamento sudafricano, sarà difficile contare sui pilastri centrali, Cannavaro, Materazzi, lo stesso Nesta, novantasei anni in tre, ma saranno vicini al passo d'addio anche Zambrotta, Del Piero, Toni, perfino Francesco Totti e Luca Toni e anche Grosso, giunto alla gloria con qualche anno di ritardo. Facile il confronto con la leggendaria formazione che in Spagna, nel 1982, aveva messo il silenziatore alle bocche da fuoco di avversari assai più illustri e ricchi di talento rispetto a quelli che un calendario ideale ha messo sulla nostra strada in Germania. Con tanti ringraziamenti ai padroni di casa, bravi a toglierci dai piedi l'Argentina, la squadra che dopo i primi scricchiolii del Brasile era diventata favorita numero uno, prima di arrendersi alla sua stessa presunzione. Quella squadra, ricordiamolo arrivò quattro anni dopo ad affrontare la seconda avventura messicana, per esibire tutte le ruggini che l'anagrafe aveva accumulato sui nostri eroi del Bernabeu, i nuovi arrivati non in grado di supportare i limiti dinamici dei reduci di Spagna, pur non essendo proprio di retrovia, da Di Napoli a Di Gennaro, da Vierchowod a Nanu Galderisi. Superato senza danni il gironcino di qualificazione, sogno finito già gli ottavi e qui tornava a riproporsi il duello con la Francia: impari, allora, anche se Michel Platini e i suoi straordinari compagni si sarebbero arresi in semifinale ai tedeschi di Rudi Voeller. Qualcosa di simile si era verificato dopo la finale del primo Mondiale messicano, quello del 1970, una finale che metteva fine a trentadue anni di grigiore totale, dopo i due titoli degli Anni Trenta. In Germania l'Italia aveva portato una squadra ricchissima di esperienza, vivificata da una marcia di avvicinamento gloriosa, battuto il Brasile e due volte l'Inghilterra: ma subito avvilita dalle polemiche interne, il poco carino saluto di Chinaglia a Valcareggi, l'eliminazione per mano dei polacchi. Questo per dire che in questi quattro anni, e sfruttando l'occasione offerta dagli impegni europei, gli Azzurri dovranno darsi una bella rinfrescata al trucco, trovare nomi nuovi all'altezza di quelli che attualmente rappresentano il futuro, Daniele De Rossi e Gilardino su tutti ma anche il ventisettenne Andrea Pirlo. Ci vorranno umiltà e pazienza, per costruire, una tessera per volta, un mosaico artistico come quello di Berlino.

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