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Il ct si gode il trionfo e rimanda la verità sul suo futuro: «Questo gruppo può aprire un ciclo»

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Poche ore per dormire, o meglio per cercare di togliersi dalla testa quel blocco tutto d'oro portato via da Berlino in una notte entrata di diritto nella storia del calcio italiano. Tutto inutile, perché Lippi seppur lavato e stirato a nuovo, ha sul volto i segni di una notte passata in bianco. Una notte che molto probabilmente lo ha fatto diventare immortale agli occhi degli umani. Il giorno dopo è anche quello dei bilanci, dei ringraziamenti ma non ancora quello che deciderà il futuro di questo ct non sempre amato da tutti. Oggi è infatti in programma a Roma un incontro «preliminare» con Abete, giovedì quello con il commissario straordinario della Figc Rossi e solo dopo questo Lippi svelerà all'Italia del calcio cosa succederà nel prossimo futuro. Ovvia quindi la risposta alla domanda che apre le parole del giorno dopo. «Del futuro non parlo - attacca Lippi - perché non sarebbe giusto farlo con voi prima di essermi confrontato con la Federazione. Domani (oggi, ndr) incontrerò Abete, poi vi dirò». E alla domanda se abbia già deciso cosa fare, sorride, ma per lui risponde con un ghigno Abete: «Eeehh...». Difficile capire quali possano essere gli stimoli futuri di un tecnico che fin qui ha vinto tutto: Champions League, Coppa Intercontinentale e Coppa del Mondo con la sua nazionale. Unico al mondo. «C'è una differenza grandissima - spiega il ct - perché la squadra di club che la trovi o la costruisci è un gruppo sul quale lavori due anni. Quando vai a giocare la Coppa Intercontinentale devi aver già vinto il campionato, poi la Champions League. La nazionale invece è diversa, stai molto meno con la squadra e se si allungano i tempi è solo perché vinci: perché chi perde al primo turno sta insieme ancora meno. Comunque la sensazione che ti dà vincere la coppa del mondo con la tua nazionale è una cosa unica, speciale e non te la può dare niente altro al mondo». E ora cosa altro le manca? «Nulla, solo continuare ad avere nei miei gruppi, la stessa voglia e complicità che mi ha trasmesso questa Italia». E sugli stimoli necessari per continuare non ha grandi dubbi il ct azzurro che annuncia di non voler smettere di far questo lavoro. «Arrivare in cima è bello, gratificante perché vincere cose importanti ha un sapore unico. Ma quando vinci ti rendi anche conto di quanto sia difficile e bello trovare nuovi stimoli per cercare di restare a questi livelli: per continuare a vincere. La sfida è quella lì. Poi se decidi a settanta, sessantotto o sessantacinque anni di smettere ti fermi. Ma io ho intenzione di continuare a fare ancora il mio lavoro. Ma, come già detto, non mi chiedete dove adesso». Vero che Gattuso le ha detto: «Se te ne vai ti ammazzo» e che la squadra in aereo le cantava «Lippi resta con noi»?. «Gattuso mi ha riempito di botte, visto come esulta dopo ogni gol. Sì, i ragazzi in realtà cantavano già dallo spogliatoio...». Eppure questa avventura Mondiale per Lippi e i suoi non era iniziata nel migliore dei modi. Il ct minimizza. «Credo che in un rapporto di lavoro professionale una persona deve dare tutto se stesso con i pregi e i difetti che uno ha. Poi alla lunga ci si prende, poi non ci si prende, insomma è come in ogni ambiente di lavoro. C'è quello con il quale hai più feeling, quello con cui ne hai meno e magari ci sono delle tensioni. Ma per me il giorno dopo è sempre tutto finito, con la stessa fiducia. Per me i rapporti sono stati sempre gli stessi, sinceri, mai artefatti perché mandarsi a quel paese non dire che non ci si stima: eppoi nei momenti di tensione puoi andare oltre i limiti». È la vittoria del calcio italiano: questa nazionale rischia di aver salvato una situazione molto più complessa. «La vittoria contro la Francia non deve avere altri matrici se non quella di far capire al mondo il valore del calcio italiano. Questo è un gruppo straordinario. Sensazione di aver salvato il calcio italiano? No, la cosa bella di questa vittoria non è tanto per il momento che sta vivendo il nostro calcio e tutto il resto, ma d

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