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Lippi: «Abbiamo più fame noi»

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È la sintesi di Lippi alla vigilia della partita più importante della sua vita. A poco più di ventiquattro ore dalla finale di coppa del mondo nella quale ha portato la «sua» Italia. Una squadra partita con i favori del pronostico contrari, ma che ha convinto tutti strada facendo dimostrando di meritare questa finale. I dubbi di Lippi si sono dissolti col passare delle giornate e alla soglia della finale evita di caricare inutilmente una squadra già «innescata» di suo. Vigilia nella quale Platini ha vestito i panni del «tedesco» punzecchiando più volte gli azzurri. Ci batterete nel 2030 ha detto l'ex fuoriclasse francese. «No, tutto quel tempo non ce l'ho. Comunque bisogna rispettare le opinioni di tutti. Non credo sia necessario aspettare così tanto, noi comunque ci proveremo: sempre». Ha insistito anche sul fatto che ancora non abbiamo metabolizzato la sconfitta in finale all'Europeo e che l'Italia è Pirlo-dipendente. «Basta con Platini, ognuno poi è libero di pensarla come vuole! È ovvio che tutti parlino di questa gara, è una finale di coppa del mondo. Domani (oggi, ndr) andiamo a Berlino e ci metteremo a sedere attorno a una tavola imbandita e ci sono tante cose che posso far mangiare più uno dell'altro: la qualità, l'organizzazione e poi la fame». Spieghi prego. «Voglio dire che abbiamo sia noi che la Francia moltissime individualità, magari in zone diverse del campo e i valori tecnici si equivalgono. Bisognerà solo vedere chi avrà più fame». Ha messo i suoi a dieta? «No, la fame che intendo io è un'altra cosa». E i nostri azzurri ne hanno abbastanza, lei che sensazione ha? «La fame dei nostri deve essere misurata con quello che hanno vinto gli avversari. Loro sono stati già campioni del mondo, d'Europa e noi invece, in questa generazione, ancora nulla. Sul tavolo c'è questo e noi abbiamo la forchetta in mano». Lei definì quella contro la Germania la partita delle partite: quella di questa sera allora cos'è? «È da quando ho iniziato a giocare al calcio che non ho fatto altro che sentir parlare delle inifinite sfide tra Italia e Germania. Quella di Berlino sarà semplicemente una finale di coppa del mondo». Semplicemente? «Sembra una frase semplice ma racchiude tantissimi significati». Comunque vada sarà un successo? «No, se non vinciamo saremo inca... come delle bestie e non ci sarà voglia di festeggiare. Non ne posso più di sentir dire che se non si vince va bene lo stesso. Noi questa coppa la vogliamo perché non so quante altre volte ci capiterà nella vita di giocare una finale Mondiale». Questa Francia è più forte della Germania di Dortmund? «Penso di sì, perchè quella di Klinsmann è una squadra forte ma molto giovane e non ha l'esperienza della Francia attuale». Eccessiva focalizzazione sull'incubo Zidane? «No, quella non è mai troppa, l'importante però è non pensare a un solo giocatore e dimenticarsi gli altri e soprattutto non snaturare le proprie caratteristiche che sarebbe la cosa più sbagliata». Lei come se la immagina questa partita? «Come l'ho preparata, ma ovviamente ora non ve lo dico. Ne parleremo dopo se sarà venuta come pensavo». Lei che di finali ne ha giocate tante, come ha gestito la tensione dei giocatori? «Le finali di Coppa Intercontinentale o di Champions sono molto diverse da un Mondiale. Lì hai un mese per preparare una partita, qui tre giorni: è completamente diverso. Eppoi arrivi da impegni ravvicinati, c'è un accumulo di tensione fantastico e tutto insieme cresce assieme alla gioia, alla voglia di andare avanti, all'euforia di una nazione». C'è stato un momento in questo Mondiale nel quale ha capito che l'Italia poteva arrivare in fondo? «Un momento preciso no, ma ho percepito la partecipazione costante di tutti: sempre. La voglia di scherzare, di essere gruppo, di stare assieme». Una volta finita l'esperienza mondiale lei andrà al Manchester? «Ma come si fa ad andare a lavorare in un posto dove non capisci una parola? Non c'è nulla di vero. Con questo non voglio mancare di rispetto a un grande club, ma ora sono intere

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