Lazio, difesa di ferro. La Caf chiude il dibattimento

«Si sussurra in quest'aula che la sentenza di questo processo sarebbe già stata scritta: ebbene, vi invito a consegnatemela in modo da risparmiarmi tempo e fatica». La battuta resta appesa in aria per qualche istante, poi il presidente riprende la parola. «Siccome ciò che si sussurra non risponde a verità, dichiaro concluso il processo ritirandomi in Camera di Consiglio. Ringrazio le parti per aver creato questo clima di serenità che ci accompagnerà anche in Camera di Consiglio. La sentenza verrà data entro un minimo di tre giorni ed un massimo di quindici». Sono le 18.58, il Collegio giudicate si ritira. Si chiude nel migliore dei modi il lavoro della Commissione d'appello federale, chiamata a dare una risposta alle richieste del Procuratore federale Stefano Palazzi. La giornata era iniziata nel modo peggiore, con il vecchio leone Ruperto pronto a ringhiare prima ancora che si alzasse il sipario su una nuova seduta. Il presidente del Collegio giudicante aveva sentito la necessità di difendersi e di evidenziare come, nell'aula, fosse stato sempre tutelato il diritto alla difesa. La Lazio, dopo aver iniziato nella giornata di giovedì il proprio dibattimento pro-Lotito, lo ha continuato in aula con l'avvcato Siniscalchi che ha preso le difese della società. Magistrale l'interpretazione del legale del club laziale, che ha di fatto smontato il fantasioso teorema accusatorio presentato da Stefano Palazzi. Un disegno simile al carnevalesco vestito di Arlecchino, fatto di pezze colorate, di prove spurie, imbastito con la premessa, frutto dell'interpretazione da parte del procuratore, di una presunta vocazione da parte di Lotito verso lillecito. Sulla suggestione del procuratore federale, evidenziata nei primi capitoli della relazione sui deferimenti, la Lazio ha costruito gran parte della propria difesa. La mano dell'accusa, pur cercando di cucire un vestito su misura, tanto appariscente quanto dozzinale, non è di fatto riuscita nell'intento. L'avvocato Siniscalchi ha evidenziato come, al limite dell'estremo, si possa tener conto soltanto di una responsabilità presunta - art. 9 comma 3 - che è ben lontana dall'illecito sportivo - art 6 - e dalla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità evidenziati nell'art. 1 del codice di giustizia sportiva. È stato un gioco di squadra, con gli avvocati Gianmichele Gentile e Vincenzo Siniscalchi di punta ed un pool di infaticabili legali come Ugo Longo, Felice Pulici e Fabio Viglione mossi dalla passione oltre che da una lazialità innata. Lotito parlando con il presidente federale Carraro esercita un suo diritto-dovere. Carraro, da presidente federale, parlando con il designatore Bergamo, esercita un suo diritto-dovere. Bergamo, parlando con l'arbitro designato alla partita, fa altrettanto. Una concatenazione lecita. Qual è il momento in cui la condotta lecita diventa illecita? Semplice: non c'è. Questo per quanto riguarda Lazio-Brescia. Per le altre partite segnalate da Palazzi parlano i verbali dei carabinieri, in cui i giocatori avversari scongiurano qualsiasi tipo di possibile addomesticamento arbitrale in favore della Lazio. E quindi? L'accusa non ha prove. Sensazioni, ipotesi, interpretazioni mai univoche: ci vuole ben altro, ci vogliono i fatti. È un Palazzi che non sta in piedi....