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dall'inviato DUISBURG — Ricordi non vissuti, preoccupazione, attestati di stima per ...

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L'Italia che s'avvicina alla finale di Berlino ha nella testa tutto e di più. Gattuso e Buffon giocano in due parti diverse del campo, ma l'affollamento che c'è nelle loro testa è più o meno lo stesso. «Di quella partita dell'82 ricordo ben poco. Della gara nulla - racconta Gattuso - della festa molto: mio padre che mi portava sulle spalle sul lungomare di Schiavone, la gente in delirio». Questo è il passato, il presente si chiama Zidane. «Lui può fermarsi solo da solo. Quando ha il pallone tra i piedi è difficile levarglielo: ti fa il giochino palle c'è, palla non c'è. È tra quei giocatori per cui vale sempre la pena di pagare un biglietto: puoi solo sperare che perda un contrasto e che non sia al top. Marcarlo a uomo come disse Berlusconi nel 2000? Mi fece piacere, ma io non l'ho mai fatto e il fatto che Materazzi mi dica che sono un suo figlioccio in questo senso mi fa piacere. Ma lui pensasse per se - continua scherzando - io per adesso ho già finito le unghie. A quarantotto ore dalla partita voglio stare tranquilli ho giocato tante finali di Champions ma la pressione che c'è qui non ha precedenti. Questa finale vale dieci di quelle». Zidane contro Gattuso, un sogno che s'avvera? «Scarpone ero e scarpone sono rimasto, quelli di classe sono un'altra cosa. Ora però sono più maturo e faccio anche giocate che una volta nemmeno provavo». Poi l'elogio del gruppo e di Lippi. «Il ct ha fatto un grande lavoro riuscendo a trasformare questa nazionale quasi in una squadra di club». Ancora la stampa tedesca, ancora contro l'Italia: «Mafia in finale» titolava Die Zeit (che sarebbe «il tempo» tedesco, ma ogni accostamento è assolutamente causale e hanno pure un direttore italiano: tale Giovanni Di Lorenzo). Gattuso qui diventa serio in volto. «Non rispondo più su queste cose se hanno deciso di seguire questa linea e di fare di tutta l'erba un fascia facciano pure. Io comunque non mi sento ne scorretto, né mafioso». Intanto in Italia la planimetria del calcio sta cambiando. «Nessuna amnistia, non sarebbe giusto per i milioni di italiani che aspettano la sentenza, perché sarebbe come dire che in Italia finisce tutto a tarallucci e vino. Il Milan? Sono sicuro di restare in A con la maglia rossonera, ma se non fosse così parlerò con la società e resterò lo stesso. Ora però voglio pensare al Mondiale ho l'occasione di entrare nella storia». E se dovesse anche segnare un gol? «Nevicherebbe...». Buffon mette invece Henry sullo stesso piano di Zidane. «Henry era venuto qui per essere il leader - attacca lo juventino - di questa Francia, invece strada facendo il loro punto di riferimento è diventato di nuovo Zidane. La finale? Stavolta noi ci arriviamo con la consapevolezza di poter vincere. Quella del '98 era un'altra Francia, nel pieno della sua ascesa e noi non eravamo al top». Tiz. Car.

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