Il ct Lippi carica i suoi «La squadra sta bene Totti è cresciuto Giusto puntare su di lui»
Una notte, qualche ora di sonno rubata alla partita rivista in cassetta appena tornato in albergo, alla gioia dell'Italia che ha traslocato per poche ore qui in Germania. Marcello Lippi si gode il momento di gloria che stavolta però resterà scritto indelebile sul grande libro del calcio. Questa Italia, la «sua» Italia, ora è un pezzo del calcio nazionale come quella del '34, del '38 e del 1982, come l'inesauribile formazione del '70 che vinse quella mitica partita prima di sbattere contro il talento infinito dei brasiliani. «Mi sento stanco perché ho dormito solo due ore: dovevo rivedere la partita subito e mi sono addormentato alle cinque. Stanco ma contento». Rivedendola come le è sembrata? «Ancora più bella. Mi è piaciuta molto e ho avuto le stesse impressioni che avevamo avuto tutti». Spieghi prego. «Quelle di aver battuto una squadra con delle qualità anche se poi durante la partita come sempre c'è stato tutto quello che deve essere in un match di questi livelli. Abbiamo anche rischiato e sofferto perché non riesci mai ad annullare del tutto gli avversari a meno che non segni tre gol nei primi minuti». Parla di impressioni? «Sì, soprattutto quella di aver fatto più di loro sotto tutti gli aspetti: possesso palla e tutto il resto». È stata la partita più importante della storia del calcio italiano? «Non sono io che devo collocarla in una determinata posizione. Per me comunque è stata finora la partita più importante della mia carriera. Dico finora perché c'è ancora da giocare la partita di domenica». Ci racconta cosa è successo nello spogliatoio dopo il successo? «Abbiamo gioito e cantato. È stata una grande festa». La prima telefonata che ha ricevuto? «Quella di mio figlio». Mai avuto dubbi su Totti? «No, infatti l'ho fatto giocare sempre tranne in una partita nella quale l'avevo visto molto stanco». Il suo addio non stride con l'entusiasmo generale? «Ha detto che lascerà al novanta per cento: bisogna rispettare le cose che passano nel cuore e nella testa delle persone». È stata una scelta coraggiosa puntare su di lui. «No, è stata una scelta coerente nata dal fatto di averlo seguito da dopo l'incidente in poi. Ho visto come ha lavorato, l'impegno che ci ha messo e i progressi che ha fatto rapidamente. Ovvio che ci ho puntato perché sarebbe stato sbagliato dirgli di no subito dopo i primi problemi. Non è stata una scelta difficile quella dei ventitré da portare in Germania. Erano almeno in ventisette a meritarlo, ma alla fine ho scelto e ho portato qui i ventitré giocatori più forti del nostro Paese. Poi se c'è qualcuno che non gioca è un altro discorso». Anche quelli contano? «Sì anzi li voglio ringraziare dal profondo del cuore, perché qui c'è gente che ha giocato solo venti minuti ma dà sempre tutto negli allenamenti e nel contributo del gruppo». Quanto ha inciso lo scandalo del calcio su questa nazionale? «Il caos scoppiato in Italia ha fatto si che questo gruppo si compattasse perché c'era voglia di dimostrare che il nostro calcio è importante e valido anche dal punto di vista morale. Volevano dare l'immagine di un calcio pulito». Un'Italia che è cresciuta nel corso del torneo. «Vero, siamo cresciuti, le condizioni degli infortunati sono migliorate e c'è stata anche un'importante crescita psicologica». Lippi, dopo questa vittoria, ma soprattutto dopo aver forgiato questo gruppo, ha ancora voglia di lasciare? «Quello che ho detto su Totti vale per tutti: bisogna rispettare quello che passa nella testa e nel cuore delle persone. Quando sarà arrivato il momento ne parleremo». E ora che succede? «Adesso dobbiamo completare l'opera». Come arriviamo a questa finale? «Bene, con la giusta miscela fisica, psicologica e l'entusiasmo del successo». Cannavaro? «È il numero uno assoluto, il miglior difensore al mondo».