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Le soluzioni: diritti tv, merchandising e stadi

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un'attenta riflessione sullo status di società con fini di lucro dei club calcistici, che dovranno essere patrimonializzati attraverso il merchandising e gli stadi di proprietà; dare nuove regole che garantiscano terzietà e neutralità al sistema. Sono queste le cure di cui ha bisogno il calcio italiano secondo il ministro dello Sport Giovanna Melandri. Cure che il governo si affretterà a somministrare a un mondo, quello del pallone, scosso da una bufera senza precedenti, che il neoministro ha difinita «sotto gli occhi di tutti». Ieri, la Melandri ha preso per la prima volta contatto col calcio e coi suoi problemi. In mattinata si è vista con Paolo Gentiloni, che ha la responsabilità del dicastero delle Comunicazioni. Nel pomeriggio si è intrattenuta col commissario straordinario della Figc Guido Rossi in un vertice alla Presidenza del Consiglio durato oltre un'ora. Nel tardo pomeriggio ha infine incontrato Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust. Intorno alle 17 la conferenza stampa, tenuta insieme al sottosegretario Giovanni Lolli, con i giornalisti, in cui la Melandri ha fatto il punto della situazione, togliendosi qualche sassolino dalla scarpa. Il primo affondo è contro l'ex premier Silvio Berlusconi. «Non sono d'accordo - ha detto il ministro - con chi dice che le regole ci sono ma non vengono applicate. Il calcio deve avere regole nuove che gli ridiano onore e dignità. È un compito né di destra né di sinistra, che il popolo italiano ci chiede». Quindi la difesa all'attacco portato a Porta a Porta da Ignazio La Russa, di An: «Le società hanno fine di lucro dal '96, quando non ero ministro. E la legge fu votata all'unanimità. Quanto ai diritti tv, la Cdl ha avuto una legislatura per reintrodurre la collegialità, ma non l'ha fatto. C'era un consenso bipartisan, ma Berlusconi impedì che la legge passasse in commissione in sede legislativa». Quanto alle intercettazioni, la Melandri si è definita «di cultura garantista». Sulle ricette per ristabilire la legalità nel calcio il ministro non ha dubbi: riforma della disciplina di diritti tv, il «tagliando» sulla normativa che regola i club di calcio e la loro natura di società per azioni, un'attenta riflessione sull'impiantistica, che ha subìto tagli per 460 milioni di euro. «Con Gentiloni - ha detto - abbiamo deciso di avviare un lavoro di ricognizione e di studio, partendo dalla valutazione comune degli effetti collaterali negativi che ha prodotto l'attuale regolamentazione». Tra 10-15 giorni, i due ministri presenteranno un disegno di legge per ripristinare la collegialità. «Non è un disegno di parte - ha osservato - Verificheremo in Parlamento la reale disponibilità delle forze politiche». E ancora: patrimonializzazione delle società, rilancio dell'offerta sportiva e dell'impiantistica attraverso il credito sportivo (con assegnazione degli stadi ai club sul modello di Juventus e Torino), politiche giovanili, un tavolo di concertazione con Coni, Regioni (investite di nuovi poteri con la riforma del Titolo V della Costituzione), scuola e sanità. La «fitta stagione di riforme» è così cominciata e Guido Rossi «è l'uomo giusto» per effettuarla. Quanto all'autonomia dello sport, il ministero «sarà sempre molto rispettoso e lo dimostrerà coi fatti. Lavoreremo al fianco del Coni e di Rossi». La Melandri ha anche detto che il governo «farà la sua parte» per sostenere la candidatura dell'Italia a ospitare gli Europei del 2012 e ha invitato il presidente del Coni Petrucci - col quale si incontrerà a breve - di sciogliere presto i nodi sulla candidatura di Roma e Milano per le Olimpiadi del 2016. «L'Italia dopo Torino ha tutte le carte in regola per ospitare i Giochi», ha chiosato la Melandri.

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