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di MARCO GRASSI PARTIAMO dalla fine: Rik Verbrugghe, che già due volte ebbe la gioia ...

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La tappa. Dopo 90 km (dei 236 totali, la frazione più lunga), si era creata una situazione (sulla spinta di Bettini) che vedeva, all'inseguimento di Scheirlinckx e Calzati partiti al mattino, ben 30 uomini. E tra avventurieri e turisti per caso, si trovavano anche dei nomi molto interessanti. Intanto un uomo di classifica riconosciuto, Juan Manuel Gárate, campione nazionale spagnolo, quinto al Giro l'anno scorso. E poi una serie di gregari di prim'ordine: Valjavec, Vila e Petrov, mandati in avanscoperta da Cunego; Spezialetti e Wegelius, compagni di Di Luca; Julich e Sorensen, al soldo di Basso; Mori e Pinotti, luogotenenti di Simoni; Pérez Cuapio e Laverde, team-mate di Sella; Missaglia, Illiano, Anzà e Barbero a favore di Rujano. Quale, tra questi, aveva il ruolo di punto di riferimento in avanti in attesa dell'attacco del capitano? La convinzione era che il Monte Catria, piazzato poco oltre la metà della tappa, avrebbe visto movimenti importanti. Ma su quelle dure rampe (con alcuni tratti in sterrato), ha prevalso il controllo tra i big. Nessuno ha azzardato l'attacco, tutt'altro: dopo lo scollinamento, il gruppo ha rallentato, permettendo a chi si era staccato di rientrare. Tra questi, la maglia rosa uscente Pollack (che comunque alla lunga avrebbe mollato la presa), e soprattutto José Rujano, che pur con qualche problema di stomaco è poi riuscito a restare coi migliori. Col rallentamento di Basso e soci, i fuggitivi hanno preso il volo. Tornati su Scheirlinckx (Calzati si era perso per strada), gli 8 superstiti dei 30 (Gárate, Efimkin, Verbrugghe, Vila, Yakovlev, Peña, Mori e Kessler) hanno guadagnato fino a 7' sul gruppo. Un'enormità, considerato che Gárate non è l'ultimo arrivato, e con un simile margine rischiava di installarsi perlomeno sul podio fino a Milano. Ma mentre dietro Liquigas, Csc e Gerolsteiner organizzavano l'inseguimento, davanti Gárate non trovava la collaborazione praticamente di nessuno: ovvio, visto che Vila è compagno di Cunego, Mori lo è di Simoni, Yakovlev di Scarponi, e non potevano certo aiutare un rivale dei loro capitani. Il destino della fuga era segnato. Sul Monte delle Cesane, strappo durissimo a 40 km dal traguardo, tra gli 8 di testa perdevano contatto Efimkin, Kessler e Yakovlev; ma soprattutto, tra gli uomini di classifica andava in appannamento Danilo Di Luca. L'abruzzese, tra i più attesi del fine settimana, ha poi rivelato di essere andato in riserva già dal Catria; ma con grande tenacia, è riuscito a restare agganciato al treno giusto, arrivando a Saltara praticamente coi primi. La Lampre tirava fortissimo nel finale: Cunego stava bene e gli faceva gola l'idea di vincere o almeno piazzarsi, e di prendere un abbuono per avanzare in classifica. Il margine da Gárate, Mori, Vila, Peña e Verbrugghe è crollato, ma non tanto da permettere il ricongiungimento in tempo utile: così Verbrugghe ne ha approfittato ed è andato a vincere, mentre gli altri 4 venivano ripresi proprio negli ultimi metri. E qui, sulla rampa di Saltara, abbiamo potuto apprezzare una mezza fucilata di Savoldelli, che è emerso prepotentemente per andare a prendersi il secondo posto, mentre Cunego - inspiegabilmente - si è afflosciato sul più bello. Bene Basso e Simoni, arrivati a un passo da Savoldelli, benissimo Honchar, che resta in zona e riconquista la maglia rosa: l'ucraino, pur non essendo in primissima linea per la lotta al successo finale, è comunque un personaggio scomodo, che può tranquillamente puntare al podio. E oggi il Giro affronta il primo vero arrivo in salita, a Passo Lanciano, dopo 171 km di tappa: l'ascesa finale è di 12 km, con pendenza media dell'8,4% e punte del 13%: si fa davvero sul serio.

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