L'OSSERVATORIO

Per l'Inter e per la sua larghezza di mezzi, traguardi fondamentali il tricolore e la Champions League: il primo quasi subito abbandonato di fronte al dirompente avvio juventino, il secondo negato dagli strapaesani del Villarreal, dopo che il sorteggio dei quarti era stato accolto in termini trionfalistici. Per la Roma, a lungo era rimasto un miraggio quel quarto posto che avrebbe assicurato l'approccio all'Europa dei grandi, il miracolo compiuto con l'aggancio alla Fiorentina in abissale vantaggio a metà stagione. Poi tre parentesi sciagurate, i capitali gettati al vento in due trasferte avvilite da una pioggia di gol al passivo, dopo avere già indossato il bolerino del matador; e in mezzo quella sola partita senza gol, evento incredibile in relazione alle abitudini lungamente collaudate. Probabilmente inutile, così, il punticino lucrato nei confronti della Fiorentina, gratificata da un più morbido calendario, anche se ai miracoli la Roma di quest'anno ci ha largamente abituati. Ecco dunque che acquista più tangibile prestigio questa doppia finale di Coppa Italia che prenderà il via in serata, una finale nobile per il passato delle due squadre in questa manifestazione, sette sigilli per la Roma, quattro per l'Inter. Restano però tutte le perplessità sull'opera di distruzione da anni messa in atto da Federcalcio e Lega nei confronti del secondo trofeo nazionale, con formule astruse che producono interesse limitato, stadi deserti, formazioni fatte quasi esclusivamente di seconde linee, almeno per quanto riguarda le squadre più titolate. Sussistono almeno le condizioni per assicurare alla doppia sfida scenari adeguati, forse all'Olimpico in maggior misura rispetto a San Siro, dove gli amareggiati tifosi dell'Inter, per l'ennesima volta fallimentare, forse non se la sentirebbero di festeggiare con solennità un trofeuccio di consolazione, dopo i sogni di inizio stagione brutalmente infranti dalla realtà. Difficile attribuire un ruolo di favorito, in questa corsa alla prima gratificazione ufficiale in campo nazionale. Per l'Inter, l'ultimo appiglio verso la scalata a un modesto riscatto: sarà da vedere se le motivazioni saranno superiori all'inevitabile avvilimento, quasi una barzelletta la prodezza balistica di Materazzi a Empoli, ma l'Inter aveva offerto ai suoi rivali ben altre occasioni di ilarità. E dunque se la giocherà alla pari questa Roma a lungo imperiosa, divertente anche nelle disavventure come quelle di Palermo e Verona, capace di produrre occasioni da gol a raffica nonostante la perdurante rinuncia a Totti, che saggiamente Spalletti risparmia, frenando la crisi di astinenza dall'agonismo che il capitano palesa. Non è detto che, per questa Roma, giocare in trasferta la finale di ritorno, giovedì della settimana prossima, sia uno svantaggio: in considerazione delle caratteristiche della squadra, già così produttive in campionato a San Siro. Insomma non è una partenza a handicap: e per la Roma non proprio baciata dalla fortuna è già un dato confortante.