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Non si accettano gli autogol del tifo politico

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Lo ha ribadito ancora una volta la Prefettura, preoccupata dall'opposto orientamento politico delle tifoserie; lo dimostrano troppi precedenti. Poi, soprattutto, la memoria torna subito alla corrida dell'andata, alla bomba carta che scoppiò accanto a Di Canio e a quel suo saluto romano per cui seguirono polemiche senza fine. E anche se il leader del Quarticciolo oggi non sarà in campo causa un problema muscolare, così come sembra a poche ore dal fischio d'inizio del signor Trefoloni, le precauzioni restano comunque necessarie e lo stato d'allerta non deve scandalizzare nessuno. Proprio un anno fa, in campo, la partita passò quasi inosservata, ma sugli spalti dello stadio Olimpico si registrarono parecchi scontri fra bande rivali, e in serata venne devastata la stazione di Roma San Pietro, con numerosi feriti, sei arresti e 248 denunciati. Scene che ci auguriamo di non rivedere più, anche sul versante romanista (fu raggelante il famigerato striscione in riferimento ai forni crematori), unitamente all'appendice di meste interrogazioni parlamentari, formulate spesso dai politici per voglia di protagonismo. Stavolta deve prevalere il calcio giocato, dove questa Lazio in salute ha le carte in regola per una rivalsa sull'immeritata sconfitta d'andata, e qualsiasi variante provocatoria o episodio violento risulterebbe un clamoroso autogol. Meglio, da parte nostra, scrivere di una sfida che non conosce mezze misure perché nella Capitale ha già archiviato 14 successi biancocelesti e soltanto tre labronici, quasi non bastasse il «coma profondo» della formazione del presidente Spinelli, proveniente da sei sconfitte consecutive e da appena una vittoria nelle ultime dieci partite. Povero Mazzone: tanto scempio inaspettato gli vieta perfino di inorgoglire per l'imminente sorpasso di longevità sul record di Nereo Rocco, di cui non può vantare comunque le stesse onorificenze dopo 788 panchine. Più prosaicamente "er sor Carlo" avverte l'obbligo professionale di bloccare l'emorragia impedendo in qualche modo la settima disavventura proprio davanti ad uno dei colleghi meglio ispirati dell'attuale stagione, quel Delio Rossi che presumibilmente contende al dirimpettaio Spalletti la qualifica di tecnico rivelazione 2005/2006. Proprio così: l'appuntamento nasconde il pericolo di una formazione biancoceleste che sottovaluti oltre misura gli antagonisti, fuorviata da un pronostico esageratamente a senso unico, davvero tranquillizzante se il football non fosse mistero agonistico. I riscontri di Formello diventano inebrianti, a fronte dello sfascio livornese: Rocchi e compagni vanno in gol da sei giornate, durante le quali hanno realizzato 14 reti, produzione propedeutica per garantirsi l'insperato sesto posto addirittura rafforzabile stasera con altri tre punti, in presenza di un Messina non sconfitto a Verona dal Chievo. Soddisfazioni, evidenti, che placano momentaneamente i contestatori di Claudio Lotito, ancora in attesa di sapere quale sarà il destino degli acquirenti rappresentati da Giorgio Chinaglia, idolo che ha promesso chiarimenti sul progetto auspicato dopo le feste pasquali. E, davanti a un Cristiano Lucarelli che appare meno re-Mida del gol rispetto al passato riecco Peruzzi fra i pali, mentre Siviglia lascia il posto a Stendardo, cui verrà affiancato Zauri, col conseguente spostamento di Belleri a sinistra, mentre all'accoppiata Rocchi-Pandev, supportata dal centrocampo titolare (Mauri, Dabo, Liverani e Behrami) spetterà il compito dell'assalto vincente, che affosserebbe in via definitiva i toscani. A quota 49, 8 punti in più in rapporto alla scorsa annata, vale la pena di ricorrere a qualche espediente scaramantico per esorcizzare i grandi numeri. E' vietata l'amara sorpresa nel sabato Santo.

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