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di DOMENICO LATAGLIATA TORINO — Niente da fare.

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L'Arsenal fa quel che deve anche nel match di ritorno: gioca a calcio e lo fa bene, porta a casa lo 0-0 che voleva e, dopo il 2-0 di una settimana fa, si qualifica per la semifinale dove troverà il Villareal castigatore dell'Inter. La Juve vincerà il campionato e sarà contenta così. Peccato però che per trionfare in Europa serva altro: un gioco che non siano solo lanci lunghi, per esempio, una condizione fisica accettabile anche a questo punto della stagione, giocatori meno umorali di Ibrahimovic, fischiato per la prima volta da quando veste il bianconero. La sorpresa di Capello, annunciata fin da domenica sera da Luciano Moggi: Kovac in campo al posto di Thuram. Chissà perché poi, ma Capello è fatto così: prendere o lasciare e tanti saluti al francese, presentato alla vigilia della partita come capitano al posto di Del Piero e ieri spedito in panchina («io sto bene», ha commentato il transalpino) senza tanti riguardi. Pronti via, tunnel di Henry a Kovac e benvenuti al Delle Alpi. La Juve dovrebbe fare la partita, l'Arsenal non mostra alcuna paura e gioca con la solita flemma e tranquillità. Rispetto alle previsioni, Wenger recupera Ljungberg e manda in panca Pires: è Fabregas a fare gioco, Henry parte da sinistra come suo solito e punta al centro appena può. La Juve, all'inizio, è tutta in Zambrotta: buona corsa, una sventola da fuori area, grinta da vendere. Per il resto, poco o nulla: Nedved gioca più in mezzo che sulla fascia e non se ne capisce il perché, Ibrahimovic si perde in giochini stucchevoli che non permettono mai di creare superiorità numerica, Giannichedda e Chiellini vanno spesso in confusione e a un certo punto si prendono anche involontariamente a testate. Poche idee ma confuse, insomma. Di contro, i Gunners hanno in Henry un giocatore con i piedi di seta: delizioso sempre, pericoloso spesso. Come quando, intorno al 20', supera con uno stop e dribbling a seguire Cannavaro e impegna Buffon in una parata a terra. L'Arsenal è bello ed efficace nelle ripartenze, la Juve soffre e non ha nemmeno in Emerson il solito faro in mezzo al campo. Così, con il passare dei minuti, sono proprio gli inglesi a prendere coraggio, a gestire ritmo e gioco. Zambrotta fa quel che può (tiro-cross da destra, Lehmann sicuro a terra), Ebouè sfonda sulla sinistra della difesa bianconera dove Chiellini fa più danni di Bertoldo: il primo tempo è tutto qui, senza una vera occasione da gol per la Juve e con l'Arsenal in controllo. Come dire che tutti i timori della vigilia erano stati confermati e che le assicurazioni di Capello sulle condizioni fisiche della sua squadra erano un tentativo di nascondere fino in fondo la realtà dei fatti. Senza Del Piero in panchina, Capello non poteva attingere nemmeno alle qualità del capitano per una ripresa da giocare ai mille all'ora. Tutti confermati, allora, ma la musica pare subito la stessa del primo tempo: Henry sale sul motorino dopo un paio di minuti e ci vuole il miglior Buffon, in uscita bassa, per impedire all'Arsenal di trovare il gol. Ibrahimovic, in compenso, non ne azzecca una e il suo atteggiamento indolente porta il pubblico torinese a fischiarlo per la prima volta in quasi due anni di onorata militanza in bianconero. Entra Zalayeta per Mutu, la Juve butta in campo le tre punte e tutte le residue speranze da giocarsi nella mezz'ora conclusiva: al Panterone viene chiesto di fare a sportellate là davanti, augurandosi che da un po' di confusione nasca qualcosa di buono. E l'Arsenal che fa? Mica si impressiona: Fabregas grazia Buffon, poi soffre un minimo per la carica finale di Nedved ma senza scomporsi più di tanto. Giusto così, con ciliegina finale del rosso sventolato proprio sotto il naso del biondo di Cheb e contestazione dei tifosi alla squadra che vincerà lo scudetto.

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