di SIMONE PIERETTI NON VEDRÀ la partita dell'Artemio Franchi pur essendo stato prima tifosissimo, poi ...
Il senatore, prima di conoscere l'esito della sua ultima battaglia elettorale - si presenterà con la Lega Nord n.d.r. - vuol evidenziare come, seppur a distanza di tempo, la giustizia stia facendo il proprio corso. «Il fallimento della Fiorentina è stato pilotato - afferma il re del cinema italiano - la Procura di Genova a conclusione delle indagini ha emesso questo verdetto. E presto, appena ne avrò l'opportunità, mi costituirò parte civile per andare fino in fondo a questa storia. È stato un furto, mi hanno sfilato la società, hanno organizzato un complotto. Oggi la Fiorentina non è più la mia squadra: non vedrò la partita contro la Roma. Mio figlio è un acceso tifoso giallorosso, ma da quando mi hanno sfilato la società, per me non è più la stessa cosa. Non riesco più a vedere le partite: il calcio è oramai diventato un affare di Stato. Ci hanno provato anche con Sensi, che è una persona rispettabilissima: se non avesse avuto alle spalle una città importante come Roma, gli avrebbero fatto fare la mia stessa fine». Cecchi Gori parla con il cuore in mano, come un innamorato deluso e sfiancato dalla sua stessa passione. «La giustizia farà il suo corso, ma pur potendo, non riprenderei mai in mano la Fiorentina. Fare il presidente è stata una bella avventura, una storia d'amore il cui finale è già stato scritto. Tornerò ad investire sul cinema, che è da sempre una passione di famiglia e forse un giorno potrei anche fare un film su tutto ciò che mi è capitato: certo, la sceneggiatura sarebbe molto simile a quella di un film anni '30 con Al Capone. È stato un fatto malavitoso, ho sofferto come se avessi subìto un lutto in famiglia. Non c'era un motivo al mondo per far fallire la squadra, ed è bene che anche i tifosi viola lo sappiano. A Firenze si fa presto a manipolare l'opinione pubblica e orientarla verso verità artificiose: la città è piccola. Vivo a Roma dal 1952, se avesse conosciuto meglio la piazza, forse non avrei commesso alcuni errori, forse non avrei mai rilevato la società. Quando sei il presidente devi vivere nella città in cui gioca la squadra, altrimenti tante cose non le comprendi. In questa storia tutti hanno delle responsabilità enormi, dagli organi della Federcalcio ai responsabili della Covisoc. Amare un'altra squadra non è possibile: il calcio è morto».