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Non resta che inguaiare

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i doriani

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Delio Rossi dixit, e chissà quanto sarà stato possibile mantenere la concentrazione, per scavalcare l'ostacolo doriano in questo marzo culminato nella richiesta ufficiale d'acquisto del club biancoceleste presentata da Chinaglia al presidente Lotito. Sul pianeta Lazio capita tutto e il contrario di tutto. Ma in uno scenario inimmaginabile ad inizio stagione, e quando mancano due mesi all'epilogo del campionato, diventa prevalente centrare l'obiettivo sesto posto approfittando d'un calendario più agevole rispetto alla concorrenza (Chievo, Livorno, Palermo e la stessa Sampdoria) con cinque partite all'Olimpico e tre trasferte a Siena, Torino (sponda juventina) e Ascoli. Si comincia dalla squadra di Novellino, in caduta libera dopo cinque sconfitte consecutive e lo sfratto da ogni competizione stagionale. Proprio i blucerchiati dimostrano che nel football è facilissimo azzerare in poco tempo tutto ciò che di buono si è costruito in precedenza, mentre brillavano le intese morali e la cultura del lavoro aveva il sopravvento. Anche la Lazio ha costruito tanto e adesso deve evitare il pericolo di vanificare in quasi due mesi le soddisfazioni ricavate per merito di Delio e dei suoi collaboratori. Pare di essere ad un bivio nel destino della melodrammatica polisportiva, salvo dare retta all'orgoglio che impone di tenere alta la testa negli snodi nevralgici d'un 2006 vissuto sull'orlo di una crisi di nervi fra le esigenze del gruppo operativo e i sogni legati alla grande Lazio di Long John ancora tutta da decifrare. Certo, i laziali sono frastornati, mentre sentono parlare di dossier presentati alla Consob e di documenti chiarificatori della «InvestKredit Bank» presto disponibili per Lotito, per convincerlo a mettersi da parte causa l'avvento di una lazialità strafelice e ricca come forse mai nella sua storia ultracentenaria. Poi arriva il rituale impegno agonistico e ogni cronista scopre di aver utilizzato la settimana su fatti che accadranno in futuro (se accadranno), senza dare la giusta importanza alle vicende attuali, compreso quell'accordo con Mediaset, per la cessione dei diritti tv per i prossimi due anni (più un'opzione sul terzo) che porterà nelle casse lotitiane novantacinque milioni di euro. E anche della Samp si è parlato poco o niente durante l'avvicinamento, come risultasse uno scherzo impallinarla per la sesta volta consecutiva eludendo la legge dei grandi numeri. L'organico del facoltoso Garrone era partito con altri miraggi, appena dietro le tre potenze del nord e la sua crisi apparentemente irreversibile dovrebbe allertare la Lazio più di qualsiasi sfida di ordinaria o straordinaria amministrazione, dove i pericoli sono comunque abbastanza riconoscibili. Invece manca a nostro avviso il furore dei mesi scorsi e si tende l'orecchio verso faccende di mercato o passaggi di consegne societari, nonostante le raccomandazioni di Delio Rossi, l'unico che non vacilla nel caos dei presunti arrivi e delle annunciate partenze. Ha ragione lui: in ballo ci sono tre punti molto pesanti da acciuffare prima di chiedersi quale Lazio avremo in sorte e quando finirà il tormentone lasciando il posto alla generosità del Paperon de' Paperoni d'Ungheria. Meglio quindi tornare sugli spalti per applaudire la formazione approntata nella circostanza. Squalificato Cribari, apprestiamoci ad osservare nel mezzo l'inedito abbinamento Siviglia-Zauri, con Belleri e Oddo propulsori esterni. Non sarà facile trovare il gol tramite il tandem Di Canio-Rocchi cui darà aiuto Pandev partendo da dietro. Bisognerà lottare a passo di carica avendo ben presente l'eventualità di una Samp sempre attrezzata per uscire all'improvviso dal tunnel. Tocchiamo ferro, non deve essere la Lazio a risolvere i guai di Novellino.

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