Dai grandi club del calcio arriva l'alt all'esproprio forzoso dei giocatori

Un grido di dolore, suggestivo quanto demagogico, il richiamo a qualcosa di sacro che paventa l'empio oltraggio. In realtà, quel «G14» che, allargato poi a diciotto, raggruppa i più prestigiosi club d'Europa, ha soltanto dato sostanza a un intento da tempo coltivato, quello di riavere quanto gli era stato finora sottratto da una sorta di esproprio forzoso, in dispregio di qualsiasi norma legislativa a livello internazionale. La estremizzazione della battaglia, portata avanti finora quasi a livelli di sottosuolo con iniziative individuali, è stata affidata proprio all'uomo che nel calcio europeo aveva prodotto un'autentica rivoluzione patrocinando, e vincendo, il «caso Bosman». Alla Fifa sono stati, per il momento, richiesti 860 milioni di arretrati per infortuni patiti, in questi ultimi dieci anni, da giocatori sottratti ai loro legittimi datori di lavoro e vittime di infortuni nelle partite giocate con le rispettive rappresentative nazionali. Cragnotti, che aveva perduto Nesta per un anno promosse a suo tempo un'azione legale, con l'unico risultato di vedersi bollare come eretico e traditore della bandiera nazionale. Non esistono settori della vita civile in cui possa valere il principio di sfruttare, a costo zero, dipendenti di di altre imprese, senza neanche il contentino di un adeguato indennizzo. Accade invece nel calcio, con interpretazioni speciose: come quella che attribuisce un aumento di prestigio, e di prezzo ai giocatori convocati in Nazionale, con riflessi positivi sulle società. È un cavillo che poteva avere una giustificazione qualche decennio fa, quando la maglia azzurra, per rimanere in Italia, era un traguardo importante, mentre ora si arriva a una settantina di convocati in una sola stagione, e molti di questi finiscono per ornarsi di un posto di panchinaro in Serie B. Ma il nocciolo del problema è sempre lo stesso, volutamente ignorato anche dai media a caccia di popolarità: il calcio professionistico è gestito, in Italia ma non soltanto, da dilettanti. Fino al paradosso di avere visto, per tanto tempo, il presidente di Lega figurare anche come numero due della Federazione, due entità istituzionalmente in posizione di conflittualità. Per fare un esempio. il «commissioner», pagatissimo, di una delle Leghe professionistiche statunitensi, non si sognerebbe mai di «prestare» un giocatore di una franchigia a un'ipotetica rappresentativa Nazionale di baseball, football, hockey o basket, se non in un periodo in cui è ferma l'attività dei «pro», una di quelle eccezioni che aveva consentito di presentare alle Olimpiadi il Dream Team dei cestisti. Non credo, per tornare alle premesse, che una qualunque corte internazionale di giustizia potrebbe ignorare le richieste del «G14», anche perché non è ammissibile che la Fifa, che gestisce i Mondiali e incamera i relativi introiti, sia nello stesso tempo autorizzata ad agire in «posizione dominante», in aperta violazione degli Statuti europei il bello è che tra coloro che gridano allo scandalo per l'iniziativa, molti sono gli stessi che invocano moviola in campo e magari in tempo reale, stabilendo in partenza una netta divisione tra il calcio ad alto livello professionistico e quello di tutti gli altri. Perché nessuno può pensare che una società di Serie C o magari di dilettanti sia in grado di dotare il suo piccolo impianto con tutte le sofisticate apparecchiature elettroniche indispensabili per attuare un progetto del genere. Si è scelta per troppo tempo, da parte dei dirigenti del calcio mondiale la politica dello struzzo, come se il problema non esistesse, o magari fosse risolvibile sull'onda dei sentimenti popolari. Adesso, dopo il carneade Bosman, un altro atleta sconosciuto alle grandi platee, il marocchino Oulmers del Charleroi, rischia di essere il granello di sabbia che può mandare in tilt un meccanismo truccato. L'avvocato Dupont, e il suoi mandanti, non hanno più voglia di scherzare, anche se al legale francese lo sgarbo Bosman è stato fatto pagare co