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Troppo il gap economico

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Il calcio rischia un tracollo

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Mi riferisco alla supremazia delle squadre italiane nella Champions, dove abbiamo piazzato Juve, Milan e Inter nei quarti di finale vincendo largamente, almeno fino a questo punto, quella specie di campionato d'Europa per club che si può compilare calcolando la percentuale delle squadre qualificate in rapporto a quelle ammesse. La Spagna ha portato ai quarti due club (Barcellona e Villareal) ma ha lasciato per strada la sua squadra di più consolidata tradizione (il Real Madrid), l'Inghilterra ha tenuto in corsa soltanto l'Arsenal ma ha perso la sua squadra più ricca e probabilmente più forte (il Chelsea) e quella che aveva vinto la competizione l'anno scorso (il Liverpool). Gli altri due posti sono andati al Lione, che si sta confermando a livello europeo dopo aver conquistato la supremazia nel campionato di casa, ed al vecchio Benfica, rappresentante di un calcio, quello portoghese, che ogni tanto si fa valere pur disponendo di pochi club di livello internazionale. Tutt'altro scenario troviamo invece se esaminiamo i risultati delle nostre squadre in Coppa Uefa. È vero che questa competizione ha perduto molto fascino a valore nel momento stesso in cui la Champions è stata rivoluzionata ed allargata per evidenti ragioni di carattere televisivo ed economico , tuttavia rimane un test attraverso il quale dovrebbe essere possibile misurare i valori medi espressi da ciascun paese e da ciascun campionato. All'inizio di questo mio intervento ho volutamente usato la parola «casuale» riferendomi alle indicazioni fornite dalla competizioni europee. Voglio dire che la Roma avrebbe potuto anche qualificarsi se avesse avuto più fortuna (e più giocatori) e che il Palermo è stato certamente penalizzato oltre i suoi demeriti dall'espulsione di Corini e dagli errori del suo portiere. Tuttavia ci sarà pure un motivo se abbiamo tre squadre su otto nei quarti di finale della Champions e siamo rimasti senza squadre nella Uefa. Il motivo è facilmente individuabile nella sempre più clamorosa e dannosa spaccatura che negli anni si è determinata nel nostro calcio e che fair play ha denunciato fino alla noia ed ancor prima che i risultati la documentassero in modo impressionante. L'Europa ci dice e ci conferma che siamo forti nei valori alti, siamo deboli in quelli medi. È vero che anche altri paesi soffrono dello stesso problema. In Inghilterra Liverpool, Manchester United ed ora il Chelsea hanno a turno dominato gli ultimi campionati, in Spagna Barcellona e Real Madrid hanno quasi monopolizzato a turno la Liga, in Germania il Bayern ha concesso poco alle sue rivali. In Francia c'è stata una maggior varietà di squadre protagoniste ma in una realtà meno importante e meno legata all'economia per cui ha potuto imporsi la migliore managerialità del Lione. Ovviamente le ragioni di questa diffusa mancanza di equilibrio sono di carattere economico e sono diventate sempre più evidenti e pericolose nel momento in cui gli stipendi di giocatori ed allenatori sono cresciuti in maniera esponenziale. Come inutilmente ho cercato di dimostrare ci sarebbe un solo sistema per riequilibrare questa anomalia ed è la distribuzione in maniera uguale delle risorse televisive. Insisto su questo argomento e sull'aggettivo «uguale» perché le varianti proposte e che potrebbero essere concesse, a mo' di elemosina dai club più ricchi, non risolverebbero il problema. Il modello inglese, da molti invocato, non risolverebbe nulla mentre quello da me inutilmente evocato non sarà mai accolto. E allora accettiamo questo calcio nell'attesa di vedere completamente distrutto il giocattolo più amato dagli italiani ma non facciamo come i bambini che dopo averlo rotto piangono.

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