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Il destino può aiutare la vendetta di Pandev

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Ha provveduto il ciclone Chinaglia a rimuovere le attenzioni da Inter-Lazio, gara dove gli ex di turno sono sempre stati nelle ultime occasioni almeno un terzo di chi scendeva in campo. Ma stavolta Veron, Favalli, Mihailovic e lo squalificato Stankovic non saranno presenti sul campo di San Siro, salvo lasciare probabilmente all'ultimo arrivato Cesar e allo staff tecnico comprensivo del massaggiatore Viganò il compito di lottare contro il loro passato laziale. Strano appuntamento quello di oggi pomeriggio per i ragazzi di Delio Rossi, dopo una settimana dove ha tenuto banco nelle discussioni e nei pensieri solo Long John, forse l'ultimo ambasciatore abbastanza credibile per promettere una Lazio sontuosa come mai nella propria storia ultracentenaria, una specie di paradiso terrestre con i conti a posto e tanti campioni arruolati che vanno a caccia di scudetti e di Champions League. Inevitabile distrarsi mentre Chinaglia promette che il suo gruppo azzererà i debiti pregressi, quelli col fisco e quelli legati al piano-Baraldi, oltre a rilanciare il settore giovanile e la gloriosa Polisportiva con le sue sezioni. Stiamo sognando ad occhi aperti? Sarà davvero possibile in breve tempo raddolcire e mettere fuori causa il gestore Lotito per avviare l'epoca dello splendore, cancellati circa 400 milioni di disavanzo societario? I laziali attendono trepidanti e al cronista tocca esclusivamente l'obbligo di restare equidistante fra questa Lazio dignitosamente operativa e la Disneyland annunciata, non ancora certificata da un atto di nascita. Intanto si deve anche giocare, anzi, inseguire con furore agonistico l'obiettivo del sesto posto, senza fantasticare sull'ignoto Paperon de' Paperoni che prenderà in consegna il melodrammatico club di Formello. E nella vigilia che fa pensare ai fasti cragnottiani, quando Roberto Mancini pareva nei secoli fedele prima da calciatore, poi da tecnico, brillano gli umanissimi desideri del macedone Pandev, cui l'Inter seppe dare giusto illusioni e non autentiche occasioni di successo. Così, stoppato Di Canio dal giudice sportivo, Goran, a segno domenica scorsa contro la Reggina, avrebbe l'opportunità di castigare i ricchi che lo spedirono un po' ovunque alla stregua di un pacco postale, senza credergli, senza trovargli spazi fra tanti campioni veri o presunti. Festeggiare la sua rivincita, nel contesto di una prestazione simile ai blitz di Firenze, Treviso ed Empoli, significa chiedere troppo? Significa non dare giusta importanza alla superiore qualità individuale, in ogni reparto, dei dipendenti di Moratti? Non v'è dubbio che serva una prestazione memorabile, una recita corale tutta cuore, pressing e cambi di marcia improvvisi. La normalità e un lavoro di routine non bastano allo sgambetto clamoroso, pure se l'Inter s'impone l'obbligo prioritario di non sbagliare soprattutto il prosieguo in Champions, destinandovi le migliori energie psicofisiche. Però all'appeal di Mancini tornerebbe utile anche il secondo posto ai danni del Milan e, di conseguenza, sarebbe indispensabile impallinare Peruzzi vagheggiando notizie gradevoli da Udine. Ecco perché gli oppositori orientati dai centrali Liverani e Dabo e rincuorati dalla spinta del rientrante esterno Behrami dovranno superarsi puntando su una strategia coraggiosa che mantenga per lunghi tratti lontano il pallone dall'area presidiata da Siviglia, per togliere le munizioni ad Adriano e ai numerosi tiratori interisti. Arbitrerà Pieri, e speriamo che risulti più ispirato rispetto al signor Messina, che non convalidò un gol sacrosanto ai laziali nel match d'andata. Se nel calcio esistesse la compensazione come assicurano i garanti, la Lazio non dovrebbe uscire da San Siro a mani vuote.

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