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di TIZIANO CARMELLINI QUESTIONE di testa.

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Il tecnico giallorosso cerca di isolare le cose buone da quelle «cattive» della trasferta marchigiana che ha mostrato le due facce dei giallorossi. Primo tempo male, con venti minuti nel mezzo da dimenticare di vero e proprio blackout mentale, poi ripresa a buoni livelli: anche se nemmeno avvicinabili a quelli ai quali aveva abituato i suoi tifosi. Il problema dunque sembrerebbe essere di testa, visto che le gambe i romanisti le avevano ben toniche fino all'ultimo minuto dell'arrembaggio finale. Arrembaggio dal quale però l'Ascoli è uscito indenne. Il calo, semmai, è di tipo psicologico. Probabilmente è l'inevitabile contraccolpo dopo lo stop imposto ai giallorossi dall'Inter in campionato e dalla sconfitta subita in Inghilterra contro un Middlesbrough tutt'altro che irresistibile. È la corsa che si arresta naturalmente dopo uno sprint lungo undici giornate che aveva dell'incredibile: soprattutto considerando gli infortuni che hanno colpito i giallorossi nell'ultimo periodo. Con Totti ko, con Montella praticamente mai visto e un Nonda ancora annoverato tra gli oggetti misteriosi di questo campionato, i risultati della Roma hanno ancora più dell'incredibile. Chi una teoria ce l'ha, proprio sul discorso legato alla «testa» della Roma è chi fa di questo un mestiere: lo psicologo. Il dottor Salvatore Sica conosce Spalletti e i suoi metodi sin dai tempi in cui il toscano allenava a Empoli e sull'argomento non ha dubbi. «Quello della Roma — dice lo psicologo in merito alle undici vittorie consecutive — è un gruppo che si è coalizzato in difesa contro un nemico esterno: se poi questo nemico esterno sia stato quel ragazzo che è andato a Madrid non so, ma tutti gli indizi portano a pensare questo. Il record di vittorie e il ciclo giallorosso possono esser spiegati anche così». Il dottor Sica è uno che di sport e gruppo se ne intende (incaricato di psicologia del lavoro e dell'organizzazione nel corso di laurea in management sportiva alla facoltà di medicina di Firenze) e anche se non ha mai lavorato all'interno della Roma, ha pochi dubbi tanto sui meccanismi che hanno portato in alto i giallorossi, quanto su quelli che ora l'hanno riporta sulla terra. Il concetto, tanto per fare un'estrema sintesi, è l'attuale mancanza di un nemico dall'esterno: probabilmente individuato prima nel figliol prodigo Cassano. «Il gruppo si è compattato di fronte a difficoltà esterne — spiega — ha riconosciuto la leadership tecnica di Totti, si è chiuso in se stesso ed ha cominciato a "fare la guerra" al mondo esterno. È finito un ciclo? No, è solo finita una dinamica di gruppo, quella dinamica specifica che ha permesso questo exploit: ora la bravura di Spalletti sarà quella di ridare al gruppo qualcos'altro da mordere. A meno che le dinamiche di questo ciclo non siano state casuali, Spalletti ne creerà di altre». Insomma, secondo il «dottore», per evitare il declino, il tecnico gialloroso dovrà trovare e alla svelta, un nuovo nemico. Intanto però Spalletti prova va risolvere gli altri problemi: quello dei cambi tanto per dirne una. Già, perché se da una parte è vero che il tecnico giallorosso forse ha capito un po' troppo tardi che era ora di cambiare, dall'ala c'è da giustificarlo per la carenza di alternative. Cambiare sì, ma con chi? La panchina della Roma è corta e la squadra sta pagando anche questo: oltre a una sequenza infiniti di infortuni. Proprio su questo l'attuale dirigenza inizia a lavorare. Bruno Conti, responsabile dell'area tecnica 51 anni ieri (auguri!), rassicura Spalletti. «Vogliamo completare la rosa della Roma, — spiega il tecnico — perché la gente merita una squadra all'altezza. Ma ora bisogna rimboccarsi le maniche per superare il turno in Coppa Uefa, vedo i giocatori già pronti».

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