FAIR PLAY
Accolto con soddisfazione quasi unanime dalla stampa e sostenuto dal voto, altrettanto unanime, delle 20 società di serie A, è stato siglato un accordo triennale che determina i criteri di divisione delle risorse televisive. Naturalmente e giustamente euforico Adriano Galliani che ha liquidato l'intenzione di Maurizio Zamparini di riproporre il discorso della contrattazione collettiva dei diritti come un fastidio necessario ma non preoccupante. Il 15 gennaio scorso in questa rubrica ho scritto: «Temo che nella migliore delle ipotesi si arrivi ad una soluzione di compromesso». Aggiungevo — e confermo — «rimango del parere che il sistema migliore sarebbe quello della divisione in parti uguali ma in Italia non passerà mai». Infatti non è passato. Hanno lasciato un osso con poca polpa alle altre squadre, hanno zittito i più riottosi e naturalmente continueranno a dominare il calcio come hanno sempre fatto. La Federazione si limita ad osservare e magari ci farà anche sapere che è felice che si sia trovata la pace, la Lega è in mano ai grandi club che nel frattempo si sono garantiti tre anni di tregua. È fin troppo evidente che la concessione di un punto di percentuale (dal 18 al 19 per cento) sulla questione dello stadio virtuale non modifica molto la situazione per cui i club più ricchi continueranno a vincere mentre gli altri si accontenteranno di essere ammessi nel salotto buono del calcio italiano, consapevoli naturalmente di non poter dare troppo fastidio. Stasera per me che scrivo (ieri per voi che leggete) la Juventus giocherà a Genova contro la Sampdoria, la quale avrà mandato in campo la sua formazione migliore e non la squadra ragazzi come aveva minacciato di fare il suo presidente che in quella occasione poteva anche risparmiarsi una inutile battuta ed una brutta figura. La questione dei diritti TV, alla quale è legato lo scarso equilibrio del nostro campionato (quest'anno esploso in termini sempre più allarmanti) ha assorbito la maggior parte dei commenti che, come ho detto, sono stati purtroppo quasi tutti positivi. In poche righe è stato liquidato il problema del prossimo campionato, per il quale sono già state fissate le date. E' stato allungata di una settimana la sosta natalizia con il piccolo fastidio di un turno della sempre più derelitta Coppa Italia ma non è stato nemmeno sfiorato il tema, ben più importante, del format del campionato. In altre parole, pur avendo tutti capito che l'allargamento della serie A dalle 18 alle 20 squadre si è dimostrato un clamoroso errore, ci è stato detto, senza dirlo, che le 20 squadre ce le dobbiamo tenere e chi se ne frega se gli stadi sono sempre più vuoti e se il campionato rischia di finire, come questo, a Natale. A questo punto non rimane che attendere che qualche presidente, tra quelli che hanno votato l'accordo, cominci a protestare lamentando, oltre alle ingiustizie arbitrali, lo strapotere economico dei grandi club. La verità è, come mi ha suggerito con perfida malizia un mio amico milanista, che nello sport professionistico se i più ricchi non sono scemi e non sono Moratti vincono sempre loro.