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A viso aperto senza complessi d'inferiorità

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Non per la Lazio. Non per chi deve giocare la partita dell'anno, presentando 13 punti di distacco rispetto agli assatanati rivali giallorossi ormai capaci solo di vincere. Come impedire a Spalletti il privilegio storico dell'undicesimo successo consecutivo, senza tradire complessi d'inferiorità? La stracittadina è un rito, la gara dei simboli, e l'antagonista amputato della sua icona somiglia prima del tempo, nell'immaginario collettivo, al pugile già alle corde, a un passo dal ko. Invece non è così, perchè i numeri chiarificatori sottolineano che i corsari di Trigoria hanno già giocato undici volte senza il loro capitano, perdendo giusto a Belgrado, contro la Stella Rossa in coppa Uefa, nel novembre scorso. Poi due pareggi e otto vittorie, tra cui la più bella prestazione stagionale, quando venne devastata a Torino la Juve di Coppa Italia, inalberando uno schieramento anomalo, senza punte di ruolo e con una girandola di incursori rapidi negli inserimenti. Forse proprio quella sera è stata memorizzata la grande Roma che ora bisognerebbe bloccare. Perché non v'è dubbio che tocca alla Lazio escogitare le contromisure ancora introvabili; o quanto meno tentare il ridimensionamento dei romanisti per riequilibrare le vicende calcistiche della Capitale un po' troppo sbilanciate verso la beatificazione del tecnico di Certaldo. E tuttavia prescindendo dagli squilli di tromba esagerati, bisogna riconoscere che Roma non aveva mai avuto contemporaneamente due allenatori altrettanto capaci e che in particolare Spalletti esibisce il merito di aver affrancato la propria squadra dalla Tottidipendenza, lasciando comunque il pubblico giallorosso nella Tottimania. Questo è il retroterra su cui poggia la sfida con profumo d'Europa tra la quarta e l'ottava del campionato, tra chi deve difendere allo spasimo la posizione da Champions League e chi dovrebbe guadagnarsi l'area Uefa. Facile intuire le difficoltà biancocelesti, probabilmente più psicologiche che reali, nonostante Delio Rossi abbia la coscienza a posto e possa lamentarsi in cuor suo per un bottino alleggerito di cinque, sei punti, causa sviste arbitrali non facilmente metabolizzate. E qui il discorso si incaglia sulla designazione di Matteo Trefoloni, trentacinquenne arbitro della contrada del «Bruco» cui i laziali, a torto o a ragione, attribuiscono la responsabilità d'aver sgonfiato spesso e volentieri i loro sogni. In due circostanze giudicò il derby e furono due sconfitte per quelli di Formello con strascichi polemici. Quanto basta affinché il designatore Mattei evitasse di infierire, come ha dato ad intendere Di Canio nella conferenza stampa dell'altro ieri. Siamo schietti: per casa-Lazio l'opportunità è irripetibile davanti a rivali che in trasferta hanno accumulato addirittura 25 punti, cioè uno in più rispetto all'ottimo rendimento casalingo degli sfidanti. Decideranno gli episodi salienti e le congiure d'astri. Deciderà, e il signor Delio lo spera ardentemente, la legge dei grandi numeri, con l'accoppiata Rocchi-Di Canio in agguato su quello che proporrà il radar-Liverani, cui daranno adeguato sostegno il partner Dabo e gli esterni Behrami e Manfredini, convocato nelle ultime ore dalla nazionale della Costa d'Avorio. L'impegno è tremendo e suggestivo, mentre la Roma proverà a riprodurre le proprie attese e le ripartenze per determinare le abituali girandole di gioco. Bisognerà non abboccare, attenti soprattutto a presidiare le corsie laterali con i reparti sempre ben collegati.

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