Oggi al Sestriere lo slalom speciale ultima chance di medaglia per lo sci alpino «Decisiva la parte finale del tracciato»
Che si è allenato per conto proprio prima a Bielmonte e poi a Pila. Che pare essere tornato in buona forma, recuperando smalto e convinzione perduti a fine gennaio-inizio febbraio «nella sua solita crisetta», ha ammesso il tecnico Claudio Ravetto. Il Maestro è ovviamente Giorgio Rocca, il salvatore della patria dello sci alpino come già l'anno scorso ai Mondiali di Bormio: quel giorno piazzò una «zampatina» che gli permise di vincere il bronzo, chissà se oggi si accontenterebbe. «Io darò il massimo ma, se non riuscissi a salire sul podio, stringerei la mano ai miei avversari e farei loro i complimenti», ha detto lui, davvero un ragazzo d'oro, incapace di gesti scortesi e di maleducazioni assortite. Troppo buono? In pista, no di sicuro. Semplicemente, uno che ha le idee chiare e che non si è mai sentito al piano superiore nonostante i tanti successi. Questo è già stato il suo anno: cinque vittorie nei primi slalom della stagione (Beaver Creek, Madonna di Campiglio, Kranjska Gora, Adelboden e Wengen) le avevano messe a segno pochi al mondo, diciamo Tomba e Stennmark. Lui lo ha fatto quasi con il sorriso sulle labbra, l'aiuto dello psicologo Beppe Vercelli, la paternità recente e l'amore di sua moglie Tania. Vive a Livigno, Giorgio Rocca, che in realtà è nato in Svizzera ma che è italiano in tutto e per tutto: «Non mi sento il salvatore della patria», ha messo le mani avanti. Poco importa, però, che non se lo senta lui: la realtà è che lo è. Meglio: dovrebbe esserlo. Perché lo slalom è la più insidiosa delle discipline, bastano pochi centimetri e sei fuori. L'Italia dello sci alpino è aggrappata a quei centimetri e alla classe dell'azzurro, dopo una stagione vissuta più su che giù cui hanno fatto seguito queste Olimpiadi negative in tutto e per tutto. Sui motivi ci sarà modo di discutere da lunedì in avanti: oggi c'è solo da fare il tifo per il ragazzo della porta accanto che può salire sul primo gradino del podio. «Spero che, dopo l'annuncio del mio nome da parte dello speaker e il successivo boato, ci sia un silenzio che mi aiuti a concentrarmi meglio. Nel finale non sarà possibile, lo so: credo sarà lì che si vincerà o perderà la gara». A dire il vero, la parte finale del tracciato è quella che meno si adatta alle caratteristiche dell'azzurro: ne hanno accorciato il tratto pianeggiante ma Rocca, se avrà gambe e benzina, dovrà fare la differenza sui due cambi di pendenza precedenti. Nei giorni scorsi, a Pila, pare comunque che il Nostro si sia ben comportato anche nelle manche di gigante: il che è buon segno, visto che tra le porte larghe serve scorrevolezza e precisione. Ravetto se n'è compiaciuto: «Quando fila in gigante, vuol dire che sta bene e che anche in slalom il margine di errore diminuisce». Gli hanno preparato due pendii simili a quello di Sestriere, uno con neve dura e ghiacciata e l'altro con un fondo più morbido: nulla insomma è stato lasciato al caso. Il che, con Rocca, è praticamente impossibile: lui è uno che lavorerebbe sempre, che non lascia mai nulla di intentato, attento anche ai minimi particolari. Il passato lo riguarda ma solo fino a un certo punto: «La vita va avanti, bisogna starle dietro. Se vivi di ricordi, fai più fatica a vincere». Allora dimentichiamoci le cinque vittorie di quest'anno e pensiamo a oggi: prima manche alle 15, seconda alle 18.30. Per il sogno, appuntamento alle 19 per seguire la discesa dell'azzurro, in pista con il pettorale numero 1. Con i capelli tagliati di fresco «perché porta fortuna». Forte. Con un pizzico di superstizione e l'aiuto dello psicologo.