Per tutelare gli attaccanti
ci vorrebbe Lo Bello
Una entrata da dietro dell'empolese Vanigli, la caduta, la torsione innaturale del piede. Risultato: una placca e otto viti al perone. Campionato finito e mondiale di calcio a rischio. Anche a cavallo degli anni '70, l'Italia aveva grandi attaccanti: Riva, Boninsegna, Mazzola, Rivera. Ma a tutelare le loro gambe ci pensava Concetto Lo Bello da Siracusa: l'arbitro più famoso della storia del calcio italiano. «Non ci vuole molto per migliorare il calcio, renderlo più spettacolare. Non servono modifiche regolamentari. Ma quale moviola. Basta e avanza il regolamento, purché applicato», diceva Lo Bello. E lui il regolamento lo applicava a perfezione. Sapeva che il calcio non era roba da ballerine, ma non faceva sconti a nessuno. Come quella volta al Comunale di Firenze. Si giocava Fiorentina contro Inter. Su un corner, il gigliato Petris cintura in aria il mitico Angelillo. Lo Bello fischia: lo guardano tutti meravigliati e lui indica il dischetto del rigore, mimando a Petris il fallo. Apriti cielo: il Comunale, non ancora intitolato ad Artemio Franchi, sembrava una polveriera. Ma come, rigore per una semplice trattenuta. Sissignore. Passa un quarto d'ora , non di più. La scena si ripete, ancora nell'area viola, ancora Petris protagonista. E Lo Bello che fa? Fischia di nuovo. Petris si gira con l'aria di chi vuole sfottere: non mi dirà che è rigore anche questo, vero? Lo Bello, andando per la seconda volta sul dischetto, e sfoderando un gran sorriso ruffiano: sissignore, e lo sai anche tu vero? Che personaggio Concetto. Trefoloni, Paparesta, Rodomonti, con tutto il rispetto, non esiste proprio confronto. In seguito Gianni Brera accusò Lo Bello in televisione accusò di aver fatto perdere in quell'occasione lo scudetto al Milan. Era il 20 febbraio del 1972. Se Lo Bello avesse assegnato ai rossoneri al Comunale di Torino quel rigore recriminato (fallo di Morini ai danni di Bigon), la Juve non avrebbe vinto lo scudetto, con un solo punto in più del Milan. Gli mostrarono la moviola. Lui ammise di aver sbagliato. Ma a Lo Bello tutto veniva perdonato. Nessuno poteva sognarsi di metterlo in discussione: era un galantuomo.