di GIANFRANCO GIUBILO DOPO il nevischio di Rieti, il pollaio di Siena, il fango di Bruges, finalmente ...
La Roma vi torna per ospitare l'Empoli, sicuramente memore di una partita di andata che, giocata e perduta in superiorità numerica per un'ora, aveva rappresentato forse la parentesi meno felice dell'intera stagione. Nel mirino, il decimo successo consecutivo in campionato, per raggiungere un primato che era stato, nel corso della storia dei tornei a girone unico, privilegio di Juventus, Milan e Bologna, quest'ultimo oltre quarant'anni or sono. Ma si va oltre il significato di una vittoria interna che i protagonisti sembrano suggerire: perché quel primato gestito da un terzetto potrebbe diventare proprietà privata se la Roma dovesse riuscire ad allungare la sua striscia miracolosa anche al derby di domenica prossima. Sono tutte considerazioni doverose perché suggerite dalle cifre recenti, anche se i tifosi ne vorrebbero parlare il meno possibile, per comprensibili motivi scaramantico. Quasi tutti loro ricordano infatti la bella serie positiva, fatta però di vittorie e pareggi prima della battuta d'arresto di Verona, e ancora l'ulteriore sprint che aveva portato i giallorossi ad affiancare la Juve capolista. Eravamo a metà degli anni Ottanta, la Roma era quella di Eriksson, ricordata soprattutto per la qualità del gioco collettivo, così che qualche appassionato nostalgico vorrebbe accostarla a quella attuale che Spalletti ha costruito, rimediando al meglio all'obbligo dell'improvvisazione dettato dalle assenze. In realtà, quella Roma era molto diversa: nella concezione tattica e nelle caratteristiche dei singoli, con Pruzzo e Graziani punte tradizionalissime, con Boniek punta arretrata, con due interni di centrocampo di livello tecnico altissimo e di solida esperienza come Ancellotti e Cerezo. Tra l'altro, poi che il paragone rievoca una conclusione non piacevole, diciamo subito che questa è un'altra Roma, nella quale è giusto riporre fiducia, in attesa che il futuro consenta un consolidamento dell'organico quando si riapriranno le porte del mercato: e sempre che la società sia in grado di assecondare le richieste di un allenatore che comincia a sentire sirene importanti. Contro l'Empoli, che molto bene aveva fatto con Mario Somma alla guida prima dell'insanabile dissenso tra il tecnico e il presidente Corsi, ci vorrà la Roma delle giornate più ispirate. E non ha senso, secondo me, parlare di possibile turnover per i giocatori in diffida. Si potrebbe anche accettare l'ipotesi di un Mexes che, da difensore, al giallo potrebbe essere anche costretto. Mentre Francesco Totti, anche'egli in diffida, come attaccante l'ammonizione dovrebbe andarsela a cercare: e dunque è giusto rendere omaggio all'intelligenza del capitano mandandolo in campo senza inutili calcoli. Chiaramemte, contro una squadra che ha modificato il proprio atteggiamento abituale, passando nelle mani di un Gigi Cagni che non ha mai avuto propensioni offensive, la Roma dovrà essere brava a evitare le inevitabili «gabbie difensive». Del resto, arma a doppio taglio, visto che i giocatori votati al compito di sbarre metalliche dovranno concedere necessariamente spazi ad altri avversari sicuramente non privi di talento calcistico e in grado di fare danni. Per tornare alle diffide e al possibile turnover, Spalletti ne sa abbastanza per evitare di trasmettere alla squadra un messaggio poco positivo, come quello del «troppo facile».