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Gli italiani Plankensteiner e Haselrieder terzi nello slittino doppio: oro all'Austria

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Ma non sanno cosa sia l'inno di Mameli

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Mica per sfiducia, cari ragazzi bolzanini: il fatto è che gli italiani accreditati di una possibile medaglia erano altri, per l'esattezza Obestolz e Gruber. Due che l'anno scorso hanno vinto la Coppa del Mondo di specialità e che quest'anno si erano ben difesi. Invece, in queste pazze Olimpiadi, succede che gli outsider riescano spesso e volentieri a ribaltare il pronostico e a ritagliarsi il loro bravo momento di celebrità: il famoso quarto d'ora teorizzato da Andy Warhol qualche anno fa, insomma. All'ombra di Armin Zoeggeler, regale vincitore domenica della medaglia d'oro, l'Italia si scopre terra di slittinisti: peccato che in campo femminile la Antonova si sia ribaltata dopo poche curve, altrimenti sai che libidine per questo gruppo di pazzi che non ha paura del ghiaccio e della velocità. Quel che è successo è presto detto: nella prima giornata dall'inizio delle Olimpiadi in cui il sole non ha illuminato la Val di Susa, due nazionali di lungo corso, entrambi trentacinquenni che hanno iniziato a praticare lo slittino prima sulle piste naturali e poi su quelle artificiali, hanno azzeccato la gara della vita e sono saliti sul terzo gradino del podio. Davanti a loro, solo i fratelli austriaci Linger e i tedeschi Florschuetz-Wustlich. Con Oberstolz e Gruber finiti quinti, dopo una sciagurata prima manche in cui non avevano saputo fare meglio del nono posto: devono mangiarsi le mani davvero, loro due, pensando all'occasione buttata via e al miglior tempo fatto segnare nella seconda manche. Haselrieder e Plankensteiner, allora, già sesti a Nagano 1998 e settimi a Salt Lake City 2002. Non due pivelli, proprio no. Che adesso stentano anche ad accontentarsi: «Abbiamo fatto tanti errori nella prima discesa — ha detto Haselrieder — la seconda è andata molto bene». E Plankensteiner: «È un grande risultato, anche perché nella prima manche abbiamo sbagliato tutto. È un sogno che si realizza. Siamo insieme da dieci anni e ci troviamo benissimo: andremo sicuramente avanti fino a Vancouver 2010». Parla un italiano stentato: «L'inno di Mameli? Non conosco quella canzone. Ma questa è una medaglia per gli italiani. Noi l'abbiamo aspettata per 12 anni». Lo «zio» Armin, nel frattempo, li benediceva: «Ero sicuro che uno dei nostri due equipaggi sarebbe andato a medaglia». Gioia quasi contenuta: d'altronde, si sa, la gente di montagna preferisce badare al sodo. Pochi fronzoli, tanta sostanza: «È la conferma che la nostra scuola funziona — ha aggiunto Haselrieder — Zoeggeler è stato il primo a dimostrarlo». A quanto pare non sarà l'ultimo, soprattutto se nei prossimi anni la pista di Cesana potrà essere utilizzata per test specifici senza costringere gli azzurri a emigrare in Norvegia o Canada per allenarsi: sembra un mondo semplice, quello dello slittino, in realtà gli attrezzi su cui viaggiano gli atleti sono iper-sofisticati e nascono dopo mille studi in gallerie del vento e affini. Dopo di che, per buttarsi a cento all'ora nei budelli tipo quello di Cesana, servono coraggio, muscoli da vendere, sprezzo del pericolo e la capacità di cogliere l'attimo. Quella che i Nostri hanno avuto ieri. E per la quale vanno ringraziati: Gerhard, 190 cm e 95 kg, single e riservato, e Oswald, il mattacchione sposato che ama il divertimento e la discoteca.

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