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Bisogna evitare la scossa dopo l'esonero di Cosmi

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La flessione dei ragazzi di Formello è sotto gli occhi di tutti, e anche se Delio Rossi smorza subito i riferimenti al calo atletico, diventa innegabile evidenziare il ridimensionamento che sta sopportando la Lazio causa un mix di motivi tecnici e societari. A cominciare dalla sfida all'ultimo centesimo fra Claudio Lotito e Giorgio Chinaglia, con gli Irriducibili e altre parrocchie biancocelesti che si augurano l'avvento d'un nuovo organigramma dirigenziale quanto prima per recuperare una Lazio opulenta come ai tempi di Cagnotti. E nell'ansia del desiderabile cambiamento pochi sanno distinguere con precisione pregi e difetti dell'attuale presidente, uomo di conti provvidenziale e discutibile esperto di calcio. Tuttavia dovrebbe prevalere l'interesse supremo di rilanciare il nostro beneamato sodalizio, progetto possibile se Claudio Lotito avesse in queste ore la bontà di ascoltare "Long John" e l'avvocato Bellantonio per capire in quale misura risultino credibili e se possano tornare utili alla lazialità in compartecipazione o addirittura da gruppo alternativo. Lo ripetiamo: Lotito è un ottimo amministratore cui servirebbe accanto un manager qualificato per completare il salto di qualità dopo le benemerenze acquisite. Invece nel suo furore miracolistico sta fra l'altro snervando alcuni dipendenti in attesa estenuante di rinnovo contrattuale. Liverani, Dabo, Di Canio e l'allenatore Delio Rossi sono quindi costretti a mascherare le loro umane preoccupazioni e a procedere un po' a disagio verso l'incombente impegno contro l'Udinese, snodo nevralgico di una stagione che rischia di afflosciarsi nel girone di ritorno nonostante i numerosi elogi ricevuti soprattutto nella parte ascendente del campionato. Pare un derby fra sfigati, ricordando anche le troppe delusioni accumulate dai friulani fra espulsioni, iniquità arbitrali (addirittura tre giocatori squalificati per un totale di cinque giornate dal giro di boa!), casi clamorosi (Iaquinta e Di Michele in cima alla lista!) e l'inevitabile esonero del "romanista" Cosmi. In questo festival della malasorte, la Lazio non si fa mancare niente e oppone la solita emergenza rappresentata stasera dall'indisponibilità di Behrami, Liverani e forse Cribari. Inutile piangersi addosso, o preparare alibi nell'eventualità di sbagliare ancora. La Lazio delle lacerazioni e dei rimorsi accumulati in trasferta non può permetterselo visto che l'imbattibilità dentro lo stadio Olimpico risulta l'unico vanto rimasto in una produzione complessiva che potrebbe di qui a poco scivolare nell'anonimato. Dopo l'Udinese, da battere anche per consolare Peruzzi, impallinato tre volte a ottobre, il calendario spalanca appuntamenti tremendi a Firenze, nel derby e a Verona, davanti al Chievo, cioè verifiche che se andassero storte imporrebbero grossomodo gli umori di un anno fa, quando si galleggiava nella mediocrità. Meglio toccare ferro, senza dare eccessiva importanza alla ripetitività degli orientamenti tattici di Delio Rossi, ancorato fedelmente al 4-4-2 anche quando servirebbero varianti a sorpresa. Non si deve d'un tratto criticare l'allenatore spesso ritenuto un valore aggiunto nonostante a guardar bene affiorino le sue difficoltà nel modificare qualcosa in corsa durante ogni partita. Voltiamo pagina, dimenticando Palermo. Qua urgono tre punti nell'anticipo notturno quale viatico indispensabile alla riappacificazione con tutti i laziali di buona volontà. Che bello sarebbe se Lotito e la cordata-Chinaglia si associassero con sincerità, senza riserve mentali.

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