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IL BUCO finanziario del calcio italiano assomiglia sempre meno a una voragine, i soldi dei contratti ...

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Dopo la fumata grigia dell'incontro romano ieri con Della Valle, la soluzione al caso dei diritti tv potrebbe venire proprio dai nuovi contratti in arrivo, ha confermato il presidente di Lega (oggi è prevista l'assemblea a Milano). «Tutti i club stanno per ricevere un'offerta per gli anni a venire, lasciatelo dire a me che di tv ne so qualcosa...», ha assicurato Galliani, intervenendo al convegno sulla riforma del calcio organizzato da Fondazione Liberal e Credito Sportivo. «Il calcio italiano non è in crisi - la sua spiegazione - semmai ha un difetto: spende più di quanto incassa. Ma per l'ultima stagione la perdita operativa è in discesa, tra i 350 e i 400 milioni». Meno dei 450 del 2002 e anche dei 415 del 2003. «La questione non è tra vendita collettiva o soggettiva, e non sono convinto che un ritorno allo status prima della legge D'Alema, verso il cui governo non posso esser tacciato di benevolenza, frutterebbe di più al calcio», ha aggiunto Galliani, che ne ha poi riparlato anche a pranzo con Carraro, Cellino, Giraudo e Lotito. «La questione è il marketing: se il 70 per cento dei tifosi italiani è per Juve, Milan e Inter, è il frutto di cento anni di investimenti - la convinzione di Galliani - Penso agli Agnelli, a Moratti padre e figlio, a Berlusconi: e allora non si capisce come una new entry dopo un anno possa pretendere gli stessi ricavi...». Stoccata a Della Valle, condita da una considerazione: «Qui non ci sono Robin Hood e sceriffi di Nottingham, ma una lotta tra miliardari». Le regole ci sono, sottolinea Galliani: due terzi degli introiti sono sottoposti a mutualità, la quota di introito (19%) che ogni club gira all'avversario di turno è stata estesa anche ai ricavi da diritti internet e telefonini con un accordo fino a luglio 2007. Ed è quello il nuovo orizzonte di mercato del calcio («con la Dvbh si può vedere la tv in movimento, a qualsiasi velocita. Ma se le regole ci sono, perchè tanto agitarsi?». Sulla necessità di riforme, però, tutti d'accordo al tavolo aperto da Liberal. «Superiamo l'era dei contrasti, apriamo l'era delle riforme: anzi, delle autoriforme», lo slogan lanciato da Ferdinando Adornato, presidente della commissione cultura della Camera: al suo partito, Forza Italia, Andrea Ronchi (An) ha rimproverato «l'errore storico di aver bocciato in commissione la legge sul ritorno ai diritti collettivi: ma col prossimo Parlamento riproporrò la legge, se sarò rieletto...». Immediato l'appoggio di Giovanni Lolli (Ds). «Ma perché mai su questo argomento deve intervenire il legislatore? - l'obiezione di Pescante - Meno si legifera meglio è. La legge sulla quotazione in Borsa è stata una vera sciagura: quando non c'era il lucro, nessuno è mai scappato con la cassa».

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