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Overdose di decoder nel futuro del telespettatore

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«Apriamo alle nuove piattaforme». «Facciamo tutti un passo indietro». «Abbassiamo i toni della contesa». Dunque, com'era facile preventivare, al tavolo sui diritti tv i lupi si sono trasformati in pecore, sfoggiando tanti buoni propositi ma nessuna soluzione. Hanno parlato tutti i convocati a disposizione del ministro delle Comunicazioni, Landolfi. Che, nel suo giorno da ct, ha cercato di fare gruppo, anche se l'unico gol c'è stato quando si è parlato di abrogare la legge D'Alema. Alla fine Landolfi è giunto alla seguente conclusione: il settore deve essere lasciato alla libera contrattazione, alle regole antitrust e al buon senso. «Fermo restando il diritto di ciascun club a vendere individualmente i propri diritti - ha sottolineato il ministro - rivolgiamo al mondo del calcio un appello affinchè, nell'ambito della sua autonomia, individui nuovi criteri di mutualità, per garantire più equità nella ripartizione». Pungente la nota Sky: «È auspicabile che il governo lasci queste decisioni alla libera negoziazione tra le parti. Anche perchè gli ultimi interventi non solo non hanno portato benefici al calcio, ma hanno prodotto gravi distorsioni del mercato. Prima i vincoli imposti dall'Europa a Sky, poi il governo italiano che investe soldi pubblici per permettere a Mediaset e Telecom Italia di entrare nel settore della pay-tv a costi bassi. Una scelta che ha consentito loro di vendere le partite a prezzi stracciati». Quale potrebbe essere lo scenario futuro? Ne azzardiamo uno: ciascuna squadra venderà le partite al maggiore offerente, con il telespettatore costretto ad acquistare ogni anno un decoder differente. Una giostra impazzita che se non altro potrebbe far riavvicinare il tifoso allo stadio. Sempre che si decida di abbassare il prezzo del biglietto. Nel nome della ripartizione.

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