Bloccare Corradi e Marchionni per impedire la festa emiliana
Due ex sorelle aristocratiche che, soffocate dai debiti, trovarono la capacità di non capitolare definitivamente come Napoli e Fiorentina, ma che ancora oggi portano i segni dei disastri delle gestioni precedenti. Acqua passata, anzi, sarebbe meglio scrivere latte passato, analizzati o ancora da analizzare i guai accumulati da Tanzi e Cagnotti, comunque indimenticabili. Perché ducali e capitolini hanno vinto sotto la loro gestione più trofei di quanti non ne abbiano conquistati nel resto delle loro storie. Oggi sta meglio la Lazio, cui Lotito ha fornito in totale parsimonia i presupposti per una rinascita, senza dimenticare Rossi che ha quasi il doppio dei punti di Beretta, anche se racconta di prefiggersi il prevalente obiettivo di raggiungere al più presto la salvezza stagionale. Invece lungo la via Emilia aspettano da tanto la decisione rassicurante di Sanz. E dopo alcuni ripensamenti pare che il benefattore spagnolo intenda davvero annunciare domani l'acquisto del club sofferente, sottraendo dall'incubo la città italiana con la migliore qualità di vita. Crisi economiche a parte, fra poco al Tardini c'è la chiusura del girone d'andata, dove gli assaltatori biancocelesti affronteranno il proletariato emiliano con il proposito ineludibile di ripetere il successo di Empoli, pure per depotenziare la solita contestazione verso Lotito. Che tarda a intervenire sul mercato di riparazione, sottovalutando la concreta realtà di attrezzare l'organico per il sesto, settimo posto, con un paio di rinforzi mirati. Lo stesso Marchionni, che insieme a Corradi costituisce il maggiore pericolo da disinnescare per impedire la festa parmigiana, è destinato a diventare interista dal giugno prossimo, nonostante rientrasse fra gli obiettivi sospirati dai dirigenti di Formello. Non resta che concentrarsi sui 3 punti in palio, confortati dal fatto che gli emiliani propongono la peggiore difesa della serie A. L'occasione è dunque ghiotta e non ci meraviglieremmo se la Lazio si ritrovasse con 30 punti a metà stagione. Siamo ai confini di una produzione miracolosa, considerando tutti gli infortuni, gli intoppi e le polemiche che hanno accompagnato la Lazio ai conteggi provvisori di gennaio. Come non ricordare le lunghe assenze di Mudingayi, Firmani, Giallombardo, Behrami, Peruzzi, Oddo, Cribari, Cesar, Liverani e Tare, spesso sostituiti senza deturpare la mirabile identità del gruppo? E adesso che l'infermeria è meno affollata si deve sperare che i risultati esterni si avvicinino a quelli raccolti a ripetizione sotto le pendici di Monte Mario. Il Parma è un ostacolo scavalcabile. Quando non crolla per propri demeriti ci pensano le valutazioni arbitrali. Tuttavia serve coraggio, non l'accidia che saltò fuori in particolare a Reggio Calabria e Udine. Il Parma è complessivamente inferiore sul piano qualitativo, a dispetto del ritorno di Morfeo. Rossi non si illude e non si deprime. Sa respingere gli elogi e schivare i profeti di sventura. Ha le idee chiare al punto di spegnere sul nascere le polemiche riguardanti il declassamento di Sereni. Ma non ci sono divi, nessun laziale prevale sulla Lazio intesa in senso corale e interscambiabile in ogni reparto. Nemmeno la rivelazione Mudingayi punta i piedi davanti alla notizia di ripartire dalla panchina. Nemmeno Di Canio rientrato anima e corpo nella logica aziendale e sicuramente ineccepibile nelle sue prestazioni. Nemmeno Pandev, che si sta ritagliando un ruolo da titolare sulle corsie laterali. Insomma gli elogi si sprecano per la cooperativa del gol che ha mandato a bersaglio dodici giocatori. Gli avversari sono avvertiti. Sopraggiunto il 2006, Parma-Lazio ha meno lustrini di ieri, ma può regalare egualmente emozioni, almeno per chi riesce ad accontentarsi.