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Giusto rischiare di più per il salto di qualità

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Perché mantenere l'imbattibilità casalinga, addirittura agganciando quota 27, sembrerebbe troppo facile contro avversari che in trasferta hanno un rendimento da retrocessione, con cinque sconfitte e tre pareggi. Ma poi ci si accorge che i ragazzi guidati da Silva e Giampaolo inalberano la settima difesa del campionato (20 gol subiti) e che stanno tutto sommato vivendo abbastanza bene nel calcio degli oroscopi sbagliati, a distanza di sicurezza da quanti li vedevano retrocessi durante la scorsa estate, prima di accendere i motori. Marco Giampaolo, debuttante non sprovveduto a dispetto di cavilli burocratici che non gli permettono di conseguire il patentino di allenatore causa un passato da modesto gregario, muove le pedine della sua scacchiera come Bobby Fischer. Ne deriva il miracolo di un gruppo di anonimi che in casa ha già vinto tre volte contro Treviso, Sampdoria e Parma, senza dimenticare i pareggi ottenuti a Verona, a Lecce e a Messina, o la sfortuna sicuramente non estranea alle sconfitte di misura e un po' romanzesche sopportate sui campi di Juventus, Inter e Roma. Per cui torna prepotente la necessità laziale di sfoderare la massima concentrazione dopo i torpori natalizi, senza prefigurare una partita facile come una scampagnata infrasettimanale. Tutt'altro. Anzi, i piceni cercheranno con furore di riprodurre sotto le pendici di Montemario le magie di 27 anni fa, quando ai corsari dell'indimenticabile Costantino Rozzi, riuscì il blitz firmato da Perico. Il rientrante Peruzzi e gli altri toccano ferro, mentre Mudingavy si prepara al debutto in sostituzione di Dabo e con il proposito di affrancarsi dalla cattiva sorte che l'ha perseguitato. C'è grande attesa intorno a questo probabile talento prelevato dal Torino, cui oggi toccherà la fase di contenimento accanto al radar di Liverani e ai cambi di marcia di Zauri. Ecco, disinnescate le polemiche dei saluti romani di Di Canio, la Lazio riparte nel nuovo anno facendo di necessità virtù, cioè cercando di rimanere sorprendente nel rendimento pure senza l'arrivo dei rinforzi promessi. Inutile sperare in qualche colpo di scena prima della chiusura del mercato di riparazione, nonostante da Cagliari il virtuoso Langella frema per arrivare sul versante biancoceleste della capitale, convinto di poter tornare quello che era grazie agli insegnamenti del signor Rossi. Che dovrà dimostrarsi nel 2006 il solito valore aggiunto, con quel gioco effervescente e tutto in velocità che ha reso sostanziosa e riconoscibile la Lazio dell'Olimpico (sette vittorie e cinque pareggi nelle ultime dodici prestazioni) prescindendo dagli interpreti chiamati ad avvicendarsi sul copione di conquista. Adesso, affidato il ruolo di vice-Cesar al macedone Pandev, viene supportato meglio il tandem Di Canio-Rocchi, senza incartarsi su esagerate precauzioni sulla linea mediana. Un rischio? Signori, il salto di qualità richiede i suoi azzardi. E, per collocarsi nell'area della nobiltà, serve non accontentarsi, nonostante Oddo raggeli gli entusiasmi ricordando che perfino il Milan fu costretto a dividere la posta nel pantano dello stadio «Del Duca» alla prima giornata. Inquietudini condivisibili: un flop tra poco guasterebbe la produzione dei ragazzi di Lotito a un passo dalla conclusione del girone d'andata. E sarebbe uno spreco imperdonabile.

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