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Trezeguet sul barese «Mi sarebbe piaciuto

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giocare al suo fianco»

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Per bocca di David Trezeguet, uno che di attaccanti se ne intende: «A Madrid farà bene. È il futuro del calcio italiano, nessun dubbio. In campo fa quello che vuole e, da quello che mi dicono i compagni che giocano nella Nazionale italiana, è un ottimo ragazzo anche fuori. Secondo me potrà raggiungere il livello dei grandissimi: giocava già in serie A quando sono arrivato io, sei stagioni fa, e ha sempre mostrato mirabilie. In Spagna sarà ancora più motivato per dimostrare davvero ciò che vale. Mi avrebbe fatto piacere giocare al suo fianco, lo ammetto: noi però in attacco siamo coperti, non si può avere tutto. Lui comunque è uno di quelli che sa dare del tu al pallone: con il Real si divertirà a farà divertire tanta gente». Servito di barba e capelli, insomma. E chissà che, nel prosieguo della Champions League, il barese e la Juventus non si trovino di fronte uno all'altro. Nel frattempo, la Juve si appresta a riprendere il cammino da Palermo, dove probabilmente andrà ancora in porta Abbiati, con Buffon rilanciato poi martedì in Coppa Italia contro la Fiorentina. Trezeguet ci sarà, al solito: nell'attuale stagione, 19 gol in 21 presenze, nove partite consecutive di campionato andando sempre a segno, 115 gol realizzati con addosso il bianconero. «Finora siamo stati strepitosi, contiamo di proseguire. Per quanto mi riguarda, giocare al fianco di Ibrahimovic è facile e bello: bisogna lasciarlo fare, si diverte con il pallone tra i piedi e fa divertire chi lo guarda. È come Ronaldinho: il massimo. Pagherei di tasca mia per andare a vedere giocare due così: certo non tirerei fuori soldi per Trezeguet». E Del Piero? «Il calcio va così: l'anno scorso ero spesso infortunato e stavo a guardare, tifando per i miei compagni ed esultando quando vincevano. Al momento queste sono le scelte dell'allenatore, ma Alessandro può aiutarci in altro modo». Così è la Juve, almeno per ora. Inattaccabile dentro e fuori dal campo. L'incertezza societaria? «Secondo me, alla fine non cambierà nulla: sono arrivato a Torino grazie a Moggi, Giraudo e Bettega, abbiamo vinto tantissimo e i risultati parlano da soli. Anche a livello di organizzazione societaria, la Juventus non deve imparare nulla da nessuno».

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